Il Purgatorio

Don Bosco: Conferenza seconda. Difficoltà contro al Purgatorio

23/06/2023    180     Il Purgatorio    San Giovanni Bosco 

Capo I. Nella Bibbia esiste la parola Purgatorio. La credenza di questo dogma non è cortraria alla sana ragione.

 

            Io era ansioso che i miei oppositori ritornassero, per sentire le difficoltà che sarebbonsi ancora potute fare da' più dotti protestanti contro al dogma del purgatorio. D'altra parte temeva assai che non ritornassero più, perchè mi sembrava che la causa fosse finita, e poco o niente avessero potuto avere da apporre. Mi era già altra volta accaduto simile giuoco, cioè di cominciar discussioni di tal genere, e troncarle per metà sotto allo specioso pretesto di ripigliarle altra volta, senzachè niuno si lasciasse vedere: temeva lo stesso nel caso presente.

            Diffatti erano già trascorsi due mesi {71 [107]} dalla prima conferenza e non aveva ancora veduto alcuno.

            Allorchè un giorno, alle due ore dopo mezzodì, giungono tutti e tre i miei conferendisti. Scambiate alcune parole di convenienza, il compagno del ministro, quello stesso che aveva chiesto di poter proporre alcune difficoltà, posso, egli comincia a dire, posso entrare nell' argomento interrotto l'altra volta quando siamo qua venuti?

            P. Lo potete liberamente.

            C. Parlavamo del Purgatorio e voi ci avete addotto molte ragioni e molte autorità ricavate dalla Bibbia, dai padri, e dalle liturgie, sopra cui io avrei molte cose da osservare: comincio dalla Bibbia.

            P. Dite pure, noi ascolteremo le vostre osservazioni.

            C. Ho fatto seria attenzione a quanto fu dello sopra il Purgatorio, ma quegli argomenti mi parvero fuori di questione. Si trattava di provare l'esistenza del Purgatorio dalla Bibbia. Furono addotti molti testi che non danno minimo cenno del Purgatorio.

            P. Non posso ben comprendere la vostra difficoltà. Volete forse dire che la {72[108} parola Purgatorio non è contenuta nella Bibbia?

            C. Appunto così Se non si contiene la parola, tanto meno si contiene il senso che la parola esprime.

            P. La vostra difficoltà è tutta apparente. Qui non si parla del nome ma si parla di una verità. Per esprimere questa verità servitevi pure di qualsiasi parola, poco importa, purchè tale verità sia ammessa. Vi dissi fin da principio che la Chiesa cattolica crede come verità di fede uno stato in cui sono trattenute le anime che muoiono in grazia di Dio e che hanno qualche cosa a scontare colla divina giustizia. Questo stato voi chiamatelo luogo di purgazione, luogo intermedio, purgatorio o con qualsiasi altra espressione, se ammettete la verità, cessano le questioni sopra il nome.

            C. È vero che posto il fatto non si dovrebbe più badare alle parole, ma è sempre vero che i cattolici credono una cosa non contenuta nella Bibbia, o almeno pretendono di credere una verità che si esprime con parole non contenute nella Bibbia.

            P. I cattolici credono ad uno stato di purgazione nell' altra vita. Che se per {73 [109]} esprimere questo stato si servono di parole non contenute nella Bibbia, nulladimeno queste parole esprimono una verità ivi contenuta. Volete voi forse dire che tutte le verità contenute nella Bibbia devono essere espresse con parole letteralmente contenute nella Bibbia?

            C. Dovrebbe essere certamente cosi. Altrimenti quello che si dice non è più fondato sopra la parola di Dio ma sulla parola degli uomini.

            P. Voi mi dite una cosa che non mi potete sostenere. Rispondetemi adunque: Credete voi che il Battesimo sia un sacramento?

            C. Lo credo senza difficoltà.

            P. Nella Bibbia ci sono le parole che il battesimo sia un sacramento?

            C. Non ci sono le precise parole: Il Battesimo è un sacramento, ma ci sono espressioni abbastanza chiare che vengono a significare il Battesimo essere un sacramento.

            P. Dunque voi ammettete parole non contenute nella Bibbia, ma che servono ad esprimere una verità in essa contenuta. Ditemi: credete voi al mistero della Santissima Trinità? {74 [110]}

            C. Non ci ho dubbio, ma queste cose....

            P. Abbiate pazienza, farete di poi le vostre osservazioni. Rispondetemi a quest'altra dimanda: Credete voi al simbolo degli Apostoli? credete voi che la Domenica sia un giorno da consacrarsi al Signore?

            C. Queste cose le credo: Specialmente la Domenica che è giorno del Signore e che è si male santificata.

            P. Compiango con voi la profanazione dei giorni festivi; ma per quello che è al nostro proposito ditemi: il simbolo degli Apostoli, l'osservanza della Domenica sono nella Bibbia comandate?

            C. Non sono cose contenute letteralmente, ma in quanto al senso, perchè, come dice l'Apostolo, se stiamo al senso letterale della Bibbia si ha la morte, il senso spirituale dà la vita.

            P. Dunque voi ammettete che il Battesimo è un sacramento, ammettete la Trinità delle Persone, il simbolo degli Apostoli, la santificazione della Domenica, parole non contenute nella Bibbia.

            C. Non contenute nella Bibbia, ma che servono a spiegare le verità in essa contenute. {75 [111]}

            P. Ora se voi ammettete le parole che servono ad esprimere una verità contenuta nella Bibbia, perche non volete parimenti ammettere la parola Purgatorio che serve ad esprimere una verità che, siccome voi convenite, è chiaramente nella Bibbia contenuta?

            C. Avete ragione, sì avete ragione. Nè mi fermerei a farvi alcuna osservazione, se non ci fosse diversità nella materia che si vuole significare colle parole mentovate.

            P. Siate compiacente di spiegarvi più chiaramente.

            C. Le parole Battesimo, Simbolo, Trinità, Domenica, sono usate a spiegare cose certe, chiare, consentanee alla ragione; al contrario nella parola Purgatorio io ci trovo molte cose contrarie al buon senno ed alla stessa ragione naturale.

            P. Quali sarebbero le cose che a voi sembrano contrarie al buon senno ed alla sana ragione?

            C. Mi pare che sia contro alla sana ragione che un peccato sia perdonato solo per metà, come sarebbe in questo caso. Perciocchè se l'uomo ottiene da Dio il {76 [112]} perdono de' suoi peccati, deve entrare in grazia: le opere di Dio non devono essere imperfette. Inoltre voi, cattolici, nella confessione dite che si ottiene il perdono dei peccati; ma questo perdono tornerebbe di poca utilità, se il Sacerdote rimettesse soltanto in parte la colpa. Dimodochè e secondo la dottrina dei riformati, e secondo la dottrina dei cattolici la credenza del purgatorio sembra essere contraria alla sana ragione.

            P. Avete fatto bene a spiegarvi così: perciocchè mi mettete in grado di spianarvi ogni difficoltà e di rispondervi parola per parola. Debbo solamente premettere, che qualora una verità è contenuta nella Bibbia, quando anche non potesse essere dalla ragione umana compresa, ed anche sembrasse alla ragione contraria, tuttavia si deve credere; e in questo caso la debolezza dell'uomo deve cedere alla divina autorità, non è vero?

            C. Fin qui andiamo d'accordo.

            P. Ma voi avete detto che il Purgatorio, ovvero uno stato intermedio tra il Paradiso e l'Inferno è una verità appoggiata sulla Bibbia: Dunque?

            C. Qui sta la mia difficoltà, mi pare {77 [113]} che la verità si contenga nella Bibbia, ma non posso risolvermi ad ammetterla, perchè la trovo contraria alla ragione.

            P. Posta la certezza della rivelazione dovrebbe cessare l'umana ragione; tuttavia voi vedrete che il Purgatorio non è contrario alla ragione. Mi farò strada a spiegarmi con un esempio: vi sono due cristiani, uno dopo aver menato una vita virtuosa, un giorno per fragilità proferisce una bugia che non fa danno ad alcuno; l'altro per odio e vendetta uccide sua padre. Immediatamente dopo il fatto l'uno cade infermo e muore; l'altro vien colto dalla giustizia e condotto al patibolo; ma prima della morte si pentono ambidue e ne ottengono da Dio il perdono. Quale direte voi che possa essere il loro stato nell'altra vita?

            C. Certamente stato di salute.

            P. Ambidue cogli angeli in Cielo?

            C. Uno sì: ma quel birbante che supponiamo aver ucciso suo padre, non se lo merita.

            P. Dovremo mandarlo all'inferno?

            C. No, perchè supponiamo che siasi pentito

            P. Dove adunque volete metterlo? Mandarlo {78 [114]} al Paradiso, non se lo merita, all'inferno non vogliamo mandarlo, perchè si è pentito del suo fallo, che farne adunque?

            C. A dirvela schietta, io non saprei che rispondere.

            P. Vi pare cosa irragionevole, se Dio facesse fare un po' di penitenza a quel parricida, e poi lo ammettesse alla gloria del Paradiso?

            C. In questo caso mi pare cosa ragionevole.

            P. Andiamo d' accordo. Quella penitenza che farebbe quel parricida suppone uno spazio di tempo, suppone un luogo di dimora ed ecco lo stato intermedio, ecco il Purgatorio, dove, secondo il Vangelo, nel futuro secolo, cioè nell' altra vita, si scontano i debiti verso la divina giustizia, fino al fallo più leggero, fosse anche un solo sguardo, usque ad ultimum quadrantem, usque ad ictum oculi.

            Ammirate quanto sia ragionevole la dottrina della Chiesa cattolica. Questa maestra di verità appoggiata alla parola di Dio, chiama beati quei che muoiono nel Signore, cioè chiama salvi quelli che muoiono dopo aver ottenuto da Dio il {79 [115]} perdono. Di poi considerando che in Cielo nihil coinquinatum ingreditur, non ci entra cosa che abbia neo di macchia, propone come verità di fede esservi un luogo di purgazione, dove coloro i quali muoiono con qualche debito verso la sua divina giustizia, possono soddisfarlo o coi patimenti che soffrono o coi suffragi dei vivi.

            Questa dottrina della Chiesa cattolica è riconosciuta dagli stessi ministri protestanti di maggior considerazione.

            Voi avrete letto gli scritti del signor Vix, specialmente l'opera intitolata: Considerazioni sulla necessità di tenere un concilio tra la chiesa romana e la chiesa anglicana. Egli fra le altre cose viene a dire quanto segue: L'uso di pregare pei defunti rimonta fino ai tempi apostolici, e si è conservato nella Chiesa fino al secolo decimo sesto; questo costume a noi pare conformissimo ai fini che la religione si propone. Questa pratica conserva nel cuore la convinzione e il sentimento dell'immortalita dell'anima; toglie il velo che si stende sopra la tomba e stabilisce delle relazioni fra questo mondo e l'altro.

            Il sig. Muller, altro dotto ministro e {80 [116]} scrittore calvinista, conferma ampiamente le stesse cose. Qual cosa, egli dice, qual cosa avvi di più commovente che la festa della Commemorazione dei defunti nei paesi cattolici? Si vede veramente la natura e il sentimento della carita cristiana che si accordano per riconoscerne la santità. I teologi protestanti che fanno guerra a questa dottrina hanno un bel fare e un bel dire, ed anche togliere dai loro catechismi la Commemorazione dei defunti, essi non giungeranno mai a cancellare dal cuor dell'uomo un sentimento che la natura vi ha impresso da tutti i tempi e in tutti i luoghi. I protestanti saranno eglino stessi sempre cattolici sulla tomba dei loro parenti e dei loro amici. Tale proibizione di suffragare i fedeli defunti è cagione ai popoli cattolici di allontanarsi dal nostro culto. Ciascun giorno i predicatori protestanti, che non ammettono questa relazione tra quelli che ci hanno preceduto nella tomba, e quelli che sono ancora sopra la terra, lasciano sfuggire quasi a loro insaputa nei punti più patetici dei loro discorsi, dei sentimenti che suppongono tale relazione, perchè l'istinto della coscienza è più forte delle {81 [117]} sottigliezze di un'arida teologia. Muller, des beaux arts. Paris 1841.

 

 

Capo II. Dove sia il Purgatorio. - Che cosa ivi si soffra. - La liturgia cattolica.

 

            C. Dietro alle vostre osservazioni abbandono l'idea che il Purgatorio sia contrario alla retta ragione; tuttavia ho ancora alcune cose da osservare, che mi paiono indebolire assai tale credenza. Dov'è questo Purgatorio? Che cosa ivi si soffre? Domando queste due cose, perchè ho letto su tale materia molte stravaganze in libri cattolici.

            P. Queste vostre dimande non inchiudono alcuna difficoltà. La Chiesa cattolica non è mai entrata a definire dove sia il Purgatorio, neppure qual genere di pena ivi si soffra. La Chiesa si limitò sempre al dogma fondamentale dicendo: Vi è un luogo ovvero uno stato in cui sono trattenute le anime di coloro che sono morti con qualche debito da soddisfare alla divina giustizia. {82 [118]}

            C. Ma credere un luogo che non si sa dove sia…

            P. Purchè si abbia la certezza di questo luogo. Per es. io non sono mai andato a Roma, e da me solo non ci saprei andare. Dovrei perciò negare l'esistenza di Roma? Mai no, direte voi, sarebbe opporsi al sentimento universale di tutti i libri che ne parlano, di tanti viaggiatori che vi sono andati. Dite lo stesso del Purgatorio. Inoltre credete voi all'Inferno ed al Paradiso?

            C. Chi mai oserebbe negare tali verità?

            P. Sapreste voi dirmi il luogo dell'uno e dell'altro?

            C. Eh no, caro mio, perchè chi ci va, ci sta per sempre.

            P. Se crediamo al Paradiso ed all'Inferno, solo perchè Dio ce li ha rivelati, senza sapere ove si trovino; perchè faremo difficoltà di ammettere anche la credenza del Purgatorio? Questa è cosa propria delle verità soprannaturali: crederle perchè Dio le ha rivelate e, attendere dopo la presente vita per conoscerne il luogo e il modo con cui esistono.

            C. Ma perchè dunque dai Cattolici si predica che il Purgatorio è una fornace, {83 [119]} una caverna, un pozzo, una voragine ove si soffre fuoco, mal di denti e simili?...

            P. Ripeto qui di passaggio che la Chiesa cattolica non ha mai definito alcuna cosa su tal proposito; anzi proibisce costantemente che si predichi qualche cosa la quale abbia apparenza di falso. I predicatori poi si servono delle similitudini della fornace, del pozzo, della voragine ove si soffre fuoco, malattie e simili; per esprimere i tormenti che soffrono quelle anime. Così hanno fatto i santi padri e così fanno tuttora i predicatori cattolici, appoggiati sopra testi della Bibbia che si possono applicare al Purgatorio.

            C. Come! non è di fede presso ai Cattolici che le anime del Purgatorio soffrono la pena del fuoco, mentre l' ho io stesso tante volte udito a predicare?

            P. Io credo che soffrano la pena del fuoco, perchè tale sembrami il sentimento di S. Paolo (1. Cor. cap. 3) ove dice, che ogni nostra opera dovrà essere provata col fuoco: tal è pure in generale il sentimento dei santi Padri e dei teologi cattolici; ma non è definita dalla Chiesa come verità di fede. {84 [120}

            Diffatti il catechismo di nostra Diocesi, con cui vanno d'accordo tutti gli altri catechismi alla dimanda: Che cosa patiscono le anime nel Purgatorio?

            Risponde: Le anime del purgatorio patiscono la dilazione della vista di Dio e quelle pene che Dio fa loro soffrire, fintantochè o coi patimenti che soffrono o coi suffragi dei vivi abbiano interamente pagati i debiti contratti colla Divina Giustizia.

            C. Trovo ragionevole quanto mi dite. Ma se non è verità di fede, che il Purgatorio sia una fornace di fuoco, un abisso oscuro e simili, perchè la liturgia cattolica lo chiama tartaro, luogo oscuro, bocca del leone, morte eterna; che cosa vogliono significare queste parole?

            P. Le parole tartaro, inferno, bocca del leone, luogo oscuro significano un luogo inferiore dove sono trattenuti tanto i reprobi, quanto le anime dei giusti che scontano le loro colpe. Se voi consultate i santi padri, i buoni dizionarii, gli scrittori sacri e profani, le parole suddette vengono a significare luogo sotterraneo, luogo oscuro, luogo di tormenti e di privazione. In ciò i protestanti vanno d'accordo {85 [121]} coi cattolici recitando il simbolo degli Apostoli che Gesù discese all'inferno, descendit ad inferos, per significare il limbo ovvero un luogo sotterraneo.

            Quando poi la Chiesa cattolica invoca Iddio a favore di quelle anime, ne cadant in obscurum, ne absorbeat eas tartarus et liberentur de ore leonis, intende di supplicare la divina misericordia che si degni di liberarle dal carcere tenebroso del purgatorio e riceverle fra gli splendori immortali della gloria celeste.

            C. Quanto mi dite può andar bene fino ad un certo punto; ma quel dire: liberate, o Signore, quelle anime dalla morte eterna. Mi pare che i cattolici pretendano cavar le anime fuori dall' Inferno, cose che niuno certamente vorrebbe ammettere, e che perciò dimostrano quanto mai sia assurda la liturgia cattolica nelle preghiere pei defunti.

            P. Questa difficoltà, che a voi pare cotanto grave, scomparisce affatto se noi ricorriamo alla storia. Osservo, che non vi è alcuna parte dell'uffiziatura pei morti, dove si dice: «Liberate, o Signore quelle anime dalla morte eterna». Nelle esequie che si fanno pei morti si suole cantare il {86 [122]} seguente responsorio dell'ufficio: «Libera me, Domine, de morte aeterna, ecc., liberatemi, o Signore, dalla morte eterna in quel giorno terribile del vostro giudizio». Ma con questa preghiera non si prega pei morti; ma sono bensì i vivi, che in considerazione della morte, e del giudizio che tutti li aspetta, pregano per se stessi.

            Osservo inoltre che anticamente tali offertori od antifone proferivansi durante l'agonia dell' infermo quando egli era ormai per rendere l' ultimo respiro. In quel momento estremo si raccoglievano i fedeli ed invocavano la misericordia divina sopra l'agonizzante affinchè fosse liberato dalla morte eterna dell'Inferno.

            Essendo poi variato il costume di celebrar messe nell'atto dell'agonia, si conservarono ancora le medesime parole della messa. Epperciò quando si dice: Fate, o Signore, che quelle anime passino dalla morte alla vita eterna: fac eas transire de morte ad vitam, e quelle altre: O Signore, liberate quelle anime dalla morte eterna, si devono considerare come preghiere fatte a Dio in quell'estremo di vita, {87 [123]} e che si ripetono nelle messe pei defunti: come appunto sono le parole osate dalla Chiesa nell'Avvento quando si canta: veni. Domine, ad redimendum nos, o Signore, veniteci a salvare. La Chiesà-pregando così invita i fedeli a portarsi collo spirito al tempo in cui il profeta proferiva tali parole. Quegli invocava la misericordia di Dio che abbreviasse il tempo che doveva venire il divin Salvatore; noi lo invochiamo affinchè si degni di applicare alle anime nostre il merito della Redenzione.

            C. Intese le cose in questo senso svaniscono le mie difficoltà. Imperciocchè posto che le parole tartaro, ecc., vogliano significare anche Purgatorio; e che queste preghiere si debbano considerare come proferite nell'atto dell'agonia, il senso ne resta chiarito.

 

 

Capo III. La solennità pei fedeli defunti.

 

            Quivi il compagno del ministro fece una lunga serie di difficoltà riguardanti piuttosto all'autorità delle liturgie, che al Purgatorio od al suffragio dei defunti. {88 [124]}

            Della quale discussione si darà un sunto in fine di questo fascicolo in forma di appendice. Quando poi si vide appianate le difficoltà fatte intorno alle liturgie prese a parlare così:

            C. Vi confesso, signor Teologo, che questo discorso sulle liturgie sarà utile a me ed ai miei compagni. Sono contento: mi avete fatto toccare con mano molte verità che in parte io ignorava, in parte mi erano state confusamente spiegate. Ora mi rimane ancora la grande difficoltà da cui non so come voi ve la potrete sbrigare. La Bibbia, i santi padri, i concilii, le liturgie, secondo voi, proclamano l' esistenza del Purgatorio e le preghiere pei defunti, e intanto la stessa Chiesa cattolica passò dieci secoli senza parlare di Purgatorio, senza parlare di suffragi pei defunti. Perciocchè prima di s. Odilone non si parlò mai di suffragi pei defunti; mai di solennità o di commemorazione o di uffizi dei morti. Parmi che questo fatto provi chiaramente l'idea del purgatorio essere stata sino a quei tempi ignorata. Notate bene che qui non intendo di entrare nel merito di quanto si dice di s. Odilone; che ci sarebbe molto a dire; {89 [125]} io intendo solo di toccare la difficoltà in tanti luoghi e in tanti libri ripetuta, che l'invenzione del Purgatorio si debba ripetere da s. Odilone.

            P. Difficoltà tutta apparente che si risolve colla medesima storia. Parlando di uffizio, solennità, commemorazione dei defunti, voglionsi distinguere due cose. Le preghiere, gli uffizi, le pratiche di pietà fatte in suffragio dei defunti, e le solennità stabilite nella Chiesa per invitare tutti i fedeli cristiani, ad unirsi insieme in tempi determinati per porgere a Dio preghiere a favore delle anime purganti.

            Perciò se noi parliamo di messe, uffizi, preghiere, anniversarii, queste rimontano fino ai primi tempi della Chiesa. Oltre a quanto abbiamo già detto altrove riportiamo ancora l'autorità di Tertulliano, il quale nel. libro de monogamia conferma quello che aveva ordinato S. Clemente Papa I. Dipoi dice così: facciansi sacrifizi nel giorno che avvenne la morte di colui, per cui s'intende pregare. Lo stesso dice s. Cirillo Alessandrino, s. Cipriano ed altri. S. Giovanni Grisostomo predicava così al popolo di Antiochia: Non invano gli Apostoli stabilirono che {90 [126]} quando celebransi i tremendi misteri, si facesse commemorazione di coloro che sono già passati all'altra vita. Perciocchè sapevano essi, gli Apostoli, che ciò tornava a grande vantaggio e sollievo pei defunti. Hom. in Ep. ad Philip.

            S. Agostino nel libro intitolato della sollecitudine che si deve avere pei morti (cap. 1) fra le altre cose dice: Nel libro de' Maccabei si dice essere stato offerto sacrifìcio pei morti; ma sebbene ciò non fosse registrato nelle antiche scritture, per noi basterebbe l' autorità della Chiesa universale che ce ne assicura quando il Sacerdote trovasi all'aliare ed offre il sacrifizio a Dio e fa la commemorazione pei morti. Se desiderate alcuni fatti, andiamo soltanto a leggere quanto il medesimo s. Agostino scrive in occasione della morte di sua madre S. Monica. Conf. lib. 9, cap. 12. Sua madre era moria in Ostia, ed egli dopo aver innalzato a Dio molte preghiere e versato intorno al letto di lei molte lagrime, così continua: Trattenuto il pianto prese Evodio il salterio e intonò il salmo 100 che comincia con queste parole: Signore e Dio mio,col canto io ringrazierò la vostra misericordia. {91 [127]} Noi rispondevamo dall'altra parte. Al suono delle nostre voci concorsero molti altri pii fedeli, uomini e donne, che si unirono con noi a pregare. Quindi alla presenza del suo corpo vicino al sepolcro fu celebrato il sacrifizio di nostra Redenzione (la santa Messa) prima che fosse deposto nella tomba.

            C. Ma il giorno dei morti che si fa al due di novembre?

            P. Voleva ancora addurvi molte altre autorità in confermazione dell' uso antichissimo di fare preghiere e sacrifizi in pubblico ed in privato pei fedeli defunti. Supponendo che vi basti quanto ho detto, passo ad appagare la vostra dimanda, ove non trattasi più de' suffragi pei defunti, che furono fatti in ogni tempo nella Chiesa, ma trattasi della solennità stabilita dalla chiesa, per eccitar tutti i fedeli cristiani a ricordarsi di tutti quelli che ci precedettero nella tomba. Ritenete adunque queste due cose: 1° Che dai tempi degli Apostoli fino al secolo decimo fu in tutti i tempi ed in tutti i luoghi costantemente professata la credenza del Purgatorio, e dei suffragi pei defunti: 2° Si cantavano salmi ed inni, si facevano {92 [128]} anniversari con uffizi, messe, preghiere proprie, anzi in più luoghi celebravansi ben anche solennità in suffragio dei morti.

            C. Che cosa adunque fece quel santo Odilone?

            P. Adesso vi dirò quello che fece sant' Odilone. Era esso abate di Clugny città della Francia, e superiore di molti monasteri. Dio fece conoscere a quel suo servo le gravi pene che soffrono le anime del Purgatorio, epperciò egli desideroso, quanto era in lui, di portar soccorso a quelle anime, nell'anno 998 ordinò a tutti i suoi monaci di consacrare ogni anno il secondo giorno di novembre a sollievo delle anime purganti, e si adoperò in ogni maniera possibile per sollevarle.Ecco quello che a tal proposito scrive s. Pier Damiano.

            Il venerabile Padre Odilone fece un decreto generale da diramarsi in tutti i suoi conventi, col quale ordinava che siccome nel primo giorno di novembre per costume della Chiesa universale si celebra la solennità di tutti i Santi, così nel giorno seguente (2 novembre) con inni, salmi, limosine e specialmente con celebrazione di messe {93 [129]} si celebrasse la memoria di tutti quelli che sono morti nella grazia di N. Signor Gesù Cristo. Nel fatto di s. Odilone parve manifestarsi la volontà del Signore, e molti vescovi adottarono nelle loro diocesi il pio costume della commemorazione dei fedeli defunti, finchè i sommi pontefici la estesero a tutta la cristianità sotto al nome di giorno dei morti, ovvero commemorazione di tutti i fedeli defunti.

            Come voi ben vedete, s. Odilone non è altro che uno dei primi che cominciarono a solennizzare il giorno dei morti. Ma prima di lui in tutti i tempi della Chiesa vi erano messe, uffizi, si recitavano salmi, si facevano digiuni e molte altre opere di carità in suffragio dei fedeli defunti.

            C. Bene benone, io non ho' più nulla a ripetere nè sull’ esistenza del Purgatorio, nè sopra i suffragi dei defunti, e vi assicuro, signor Teologo, che su questo punto non ho alcuna difficoltà di credere quanto credono i cattolici intorno al Purgatorio. {94 [130]}

 

 

Capo IV. Invito a suffragare i defunti.

 

            La credenza universale intorno all' esistenza del Purgatorio, la sollecitudine che gli stessi Gentili e Pagani ebbero di suffragare i trapassati, la certezza di questi suffragi devono animar ogni fedel cristiano di adoperarsi a sollevare quelle anime secondo le forze del proprio stato.

Iddio nella Sacra Scrittura ci avvisa essere cosa santa e salutevole il pregare pei fedeli defunti a fine di suffragarli e che così sciolti dalle pene che patiscono pei loro peccati possano giungere a quella eterna felicità che loro sta preparata. Iddio riguarda le anime purganti come sue amiche e sue spose destinate a goderlo e lodarlo in cielo, e come tali le ama con amore infinito. Ma poichè in quel regno di beatitudine non vi può entrare alcuno che abbia in sè la più piccola macchia; egli è perciò che quelle anime si rivolgono a noi con gemiti e sospiri, affinchè con preghiere, limosine, digiuni ed altre opere di carita, ci affrettiamo di portar {95 [131]} loro soccorso. Il suffragare i defunti non è solo il far del bene a quelle anime, anticipando loro il Paradiso, ma è eziandio fare un bene a noi medesimi, poichè colla carità che loro usiamo nel suffragarle acquistiamo merito presso Dio e ci rendiamo benevole quelle anime le quali giunte in cielo certamente porgeranno a Dio calde preghiere per noi e ci assisteranno colla loro valida protezione in tutti i nostri bisogni spirituali e temporali.

            Se i gravi tormenti che quelle anime soffrono in purgatorio ci devono muovere a recar loro soccorso, dobbiamo tanto più esserne solleciti, perchè molte di esse sono a noi congiunte per amicizia o parentela, come sono i genitori, fratelli, sorelle ed altri: verso ad altri siamo obbligati pei benefizi da loro ricevuti, e forse alcuni si trovano a patire quelle pene per averci troppo amati, o per essersi data troppa sollecitudine a procurarci quelle medesime sostanze, che noi ora godiamo. Quelle anime, a cui per tanti titoli siamo obbligati, sono quelle stesse che dal mezzo dei tormenti alzano la voce, e colle parole del santo Giobbe c'invitano a suffragarle gridando: miseremini {96 [132]} mei, saltem vos amici mei; quia manus Domini tetigit me. Oh almeno voi che mi siete obbligati o per amicizia o per parentela, movetevi a pietà di me e soccorretemi; perchè là potente e giusta mano del Signore mi percuote.

            Intanto, o cristiano lettore, mentre siamo invitati a soccorrere, per quanto sta in noi, quelle anime penanti, studiamoci di ravvivare la fede sopra lo stato in cui ci troveremo noi medesimi. Io che scrivo, tu che leggi, meditiamo queste grandi verità:

            1° Il peccato deve pur essere un male assai più grave di quello che la maggior parte degli uomini si figura, giacchè una colpa anche leggiera, di cui sia reo un giusto allorchè muore, merita una punizione sì terribile dopo morte.

            2° Che deve essere incomprensibile la santità e la purità di Dio, giacchè è impossibile di potersi avvicinare a lui col minimo neo di macchia;

            3° Essendoci dato il tempo della vita presente per purificarci e renderci degni di possedere Iddio, importa grandemente di tener conto di tutti i momenti, per timore che ci venga a mancare in avvenire {97 [133]} se trascuriamo ora di farne buon uso;

            4° Non sapendo quanto tempo piacerà a Dio di concederci per attendere a questo importantissimo affare della eterna salute, dobbiamo occuparcene seriamente subito e senza dilazione di sorta.

            5° L'ultimo momento di nostra vita, che non sappiamo quando sarà, deciderà della nostra sorte per tutta l'eternità, e ognuno di noi sarà allora giudicato secondo le sue azioni, e sullo stato di sua coscienza. Non dimentichiamo mai il terribile pensiero, che l' eternita beata sarà una grande ricompensa di coloro che si mantennero fedeli a Dio fino alla morte; e la eternita infelice sarà la punizione di quelli sgraziati che la morte ha colpito in peccato mortale, e perciò in disgrazia di Dio;

            6° Ricordiamoci che si renderà conto a Dio di ogni minimo attacco alle creature ed a noi medesimi; ogni parola oziosa, ogni pensiero, ogni sguardo inutile, ogni azione viziosa, tutto quello che non sarà puro passerà pel fuoco, e non ne uscirà, come dice il Vangelo, fintantochè non sia perfettamente purgato. Perciò è miglior partito {98 [134]} per noi di soddisfare a Dio in questa vita pei peccati commessi. Quivi le pene sono di gran lunga più leggere di quelle gravissime del Purgatorio, ed inoltre sono più meritorie presso a Dio perchè volontarie.

            7° Per legittima conclusione dobbiamo guardarci da ogni peccato benchè leggero e veniale, ed impiegare la nostra vita in opere di penitenza per le colpe commesse per evitare le pene del Purgatorio; e fra le altre cose soffrire con pazienza le avversita della vita, malattie, dispiaceri, vicende delle stagioni, e qualsiasi altra miseria umana, tutto soffrire come mezzo efficace per iscontare in questo mondo i debiti che abbiamo colla divina giustizia sia per le colpe veniali, sia pei peccati mortali, dei quali, benchè ci siamo pentiti e già confessati, forse non ne abbiamo ancor falla conveniente penitenza. Se noi, o cristiano, faremo attento riflesso sopra questi ricordi, e faremo quanto in essi è consigliato, noi possiamo fin d'ora avere fondata speranza di evitare le pene eterne dell' inferno, evitare forse anche quelle del Purgatorio, e sul termine della presente vita volare a godere {99 [135]} la gloria del cielo in eterno. Cosi sia.

 

 

Appendice. Sulle Liturgie. Autorità ed antichità delle liturgie.

 

            Il compagno del ministro nel discorrere delle liturgie, della col autorità ci eravamo serviti per dimostrare la credenza universale del Purgatorio, disse più cose riguardanti all' autorità delle medesime che sembrano alquanto estranee al nostro argomento; perciò si pongono qui in forma di appendice affinchè il lettore cattolico possa essere informato di quanto i protestanti meglio apparecchiati possano opporre contro alle liturgie, in quanto che sono argomento dell'esistenza del Purgatorio. Egli adunque prese a parlare così:

            C. Che cosa sono queste liturgie che, voi, signor Teologo, andate tanto decantando? Forse G. C. ha parlato di liturgie? Forse in tutta la Bibbia avvi traccia di ciò? Queste sono novità intollerabili, ed introdotte nel caltolicismo, che {100 [136]} noi, grazie a Dio, non abbiamo voluto approvare.

            P. Voi, amico, mi fate una difficoltà che mi chiama a ripigliare la cosa un poco più indietro. Voi mi dimandate che cosa sono le liturgie? ed io vi rispondo che le liturgie sono libri che contengono riti, cerimonie, il modo di prestare il culto a Dio dovuto. Nè ciò vi deve fare maraviglia perciocchè...

            C. La maraviglia non istà nel sapere che cosa sono le liturgie, ma nel sapere che i cattolici usano liturgie di cui nulla si dice nella Bibbia.

            P. Ascoltate con pazienza, e vedrete. La prima lezione che Dio diede all'uomo nella storia medesima della creazione fu una liturgia: egli benedisse il settimo giorno, e lo santificò. Egli pertanto destinando questo giorno al suo culto non volle lasciar ignorare ai nostri primi parenti il modo di onorarlo. Questi riti, queste cerimonie, con cui si deve prestare culto a Dio furono usati da Caino e da Abele allorchè gli fecero sacrifizio; furono usati da Noè, che appena uscito dall'arca innalzò un altare, e fece a Dio un sacrifizio per ringraziarlo dei favori ricevuti. {101 [137]}

            D'altronde leggete il libro del Levitico, del Deuteronomio, e voi vedrete, che essi sono ripieni di leggi cerimoniali; che formano veramente la liturgia degli Ebrei.

            C. Queste cose le so, ma tutte le cerimonie della legge antica furono abolite; perciò non devono più servire di modello alle liturgie cristiane.

            P. Si può dire che tutte le cerimonie della legge antica furono abolite. Ma Gesù Cristo ne istituì delle altre in quelle figurate, come sono i sacramenti, e diede alla sua Chiesa ampia facoltà e stretto ordine di instituire tutti que' riti e quelle preghiere, che essa secondo le circostanze dei tempi, de' luoghi, delle persone fosse per credere necessarie od utili sia per amministrare degnamente i santi sacramenti, sia per ravvivare la fede ed accrescere la pietà. E siccome la fede che la Chiesa professa nella sostanza è la stessa che era professata nell'antico testamento; così non è da stupire se tra le varie costumanze religiose che la Chiesa ha istituito, ne stabilì alcune conformi a quelle che erano state prescritte da Mosè; come sono gli altari, i candelabri, i turiboli, le vesti sacerdotali e simili. {102 [138]}

            Così s. Paolo dopo di aver assicurato i fedeli di Corinto, che quanto aveva loro scritto intorno all'Eucaristia lo aveva ricevuto dal Signore, soggiunge, che quanto alle varie cose da osservarsi nella consacrazione e amministrazione di un sacramento sì grande, egli stesso in persona avrebbe loro dato le norme a seguirsi quando sarebbe venuto. «Caetera autem cum venero disponam.»

            Questa consacrazione e quest'amministrazione dell'Eucaristia è quello che propriamente si chiama liturgia. Che se desideriamo una liturgia pomposa, una solennità magnifica l'abbiamo descritta nell'Apocalissi di s. Giovanni.

            Riferisce egli adunque una visione, avuta in giorno di Domenica, giorno in cui i fedeli si radunavano per celebrare i Santi Misteri. L' Apostolo descrive una radunanza, cui presiede il Venerabile Pontefice. assiso sopra di un trono, e circondato da ventiquattro seniori ovvero sacerdoti. Quivi vediamo degli abiti sacerdotali, dei pannolini, dei cingoli, delle corone, vari strumenti destinati al culto divino, un altare, candelieri, turiboli, un libro e simili, Apoc. c. 1, 4, 5. {103 [139]}

            Poco dopo ci parla di cantici, di inni, di una sorgente d'acqua che dà la vita. Davanti al trono, e nel mezzo de' sacerdoti, avvi un agnello preparato pel sacrifizio, a cui si rendono gli onori divini. Egli è questo un sacrifizio a cui è presente Gesù Cristo; al quale egli prende parte e come vittima divina e come Pontefice eterno. Sotto all' altare vi sono i martiri, che chiamano vendetta contro a quelli che sparsero il loro sangue. Cap. 5 e 6. Si sa che l'uso della Chiesa primitiva era di offerire i Santi Misteri sopra la tomba e sopra le reliquie dei martiri.

            C. Cose tutte belle e buone, ma che non fanno al nostro proposito. Tutto ciò che voi mi riferite dell' Apocalissi vuole essere inteso in senso allegorico e non letterale. Perciocchè l'Apocalissi è una visione, non narrazione storica.

            P. L'Apocalissi è una visione, ma è una visione che contiene fatti parte già avverati, e parte ancora da avverarsi. Ma la descrizione di quella celeste funzione si può dire narrazione storica di quanto la Chiesa di Gesù Cristo doveva fare nei tempi avvenire. Comunque sia, io vi faccio questa semplice dimanda: o che san {104 [140]} Giovanni ha rappresentato la gloria del cielo sotto all'immagine della liturgia cristiana, o che con quella pomposa solennità Dio voleva dare una norma di ciò che era da farsi nella Chiesa.

            Nel primo caso diremo forse che sia male che si faccia dalla chiesa militante ciò che con tanta solennità si fa dalla chiesa trionfante in Cielo? Se poi voi ammettete il secondo caso, dobbiamo dire che i cattolici hanno una liturgia modellata sopra quella che Gesù Cristo si è degnato di rivelare all'apostolo s. Giovanni nell' Apocalissi. Dalle quali cose parmi che si possa conchiudere che la liturgia cattolica rimonta ai tempi apostolici, siccome leggiamo ne' medesimi libri sacri, e come eziandio riferiscono s. Ireneo (contro le eresie lib. 4°). S. Ignazio nelle sue lettere, s. Policarpo ed altri.

            C. Ciò che si riferisce di s. Ignazio di s. Giustino, e di altri che parlarono delle liturgie va soggetto a molte osservazioni. Primieramente vi dico che ne' tre primi secoli non vi erano liturgie, e che quelle che si riferiscono a tale epoca, sono riconosciute tutte apocrife, e perciò da rifiutarsi. {105 [141]}

            P. Voi, o amico, passate ad un' altra questione; e ciò mi fa credere che voi ammettiate quanto abbiamo discusso; cioè che la liturgia cristiana è consentanea alla Bibbia ed è modellata su quanto Iddio ha rivelato. Ora voi fate passaggio ad un'altra difficoltà intorno alle liturgie antiche. E qui vorrei che voi faceste meco una distinzione, cioè distingueste il tempo in cui le liturgie cominciarono a mettersi in iscritto, dal tempo che erano verbalmente insegnate e tramandate di pastore in pastore, di chiesa in chiesa.

            Generalmente si va d'accordo che prima del quinto secolo non fu messa in iscritto alcuna liturgia, ad eccezione di quella che trovasi nelle costituzioni apostoliche, la quale fu scritta prima dell'anno 390. Tuttavia non si deve conchiudere che le liturgie, che portano i nomi di s. Pietro, s. Giacomo, s. Marco, siano scritti apocrifi e senza autorità. Le medesime ragioni che provano, che la liturgia non era stata prima posta in iscritto, provano eziandio che ella fu diligentemente conservata per tradizione in ciascuna chiesa, e fedelmente trasmessa dai vescovi a quelli che essi innalzavano al {106 [142]} sacerdozio. Era questo un segreto che si voleva celare ai pagani che cercavano d'informarsi de' riti cristiani unicamente per metterli in ridicolo. Perciò i Sacri Pastori se lo confidavano a vicenda, imparando a memoria le preghiere, e le cerimonie di cui dovevano servirsi. Ciò era molto facile stantechè dovevano usarle tutti i giorni, ma erano persuasi che nulla in quelle potevasi cangiare.

            I protestanti hanno malamente ragionato allorchè dissero che le liturgie, conosciute sotto ai nomi di s. Marco e di s. Giacomo, o di altro apostolo, sono altrettanti brani supposti e scritti molti secoli dopo la morte di coloro di cui esse portano il nome. Che importa la data del tempo, in cui furono ridotte in iscritto, se dopo gli apostoli furono giornalmente in uso presso alle varie chiese?

            C. Comprendo quanto mi dite, ma le cose sono assai diverse. Perciocchè ne' primi tempi, ed anche nei tempi posteriori furono cangiate, aggiunte, tolte varie cose, onde si può dire che si ha quasi nemmen più traccia di quelle liturgie di cui parlate.

            P. Anche questo è esagerato. Le variazioni {107 [143]} e le aggiunte delle liturgie si riducono a pochissime espressioni, che non intaccano il senso, anzi servono per lo più a meglio spiegare le verità dalla Chiesa definite e contrastate dagli eretici. Per esempio fu aggiunta la parola consustanziale, con cui era condannata l'eresia degli Ariani, e veniva con maggior chiarezza ad esprimersi la vera fede, e ciò fu dopo il Concilio Niceno. Fu dato il titolo di Madre di Dio alla Santa Vergine dopo il Concilio di Efeso in cui fu condannato Nestorio. Parimenti in questi ultimi tempi fu inserita la parola. Immacolata Concezione perchè tale privilegio è stato definito come verità di fede. Ma tutte queste cose si trovano ugualmente usale in tutte le liturgie dei cattolici.

            Del resto tutte le liturgie vanno d'accordo nel professar i dogmi che abbiamo noi sia riguardo alla Santa Messa, comunione de' fedeli, al viatico pegli infermi, sia riguardo alle preghiere pei vivi e pei morti e cose simili.

            C. Comprendo la ragionevolezza di quanto mi dite, ma al vedere tante liturgie pubblicate tanti anni dopo la morte dei loro autori, e di più contenenti cose {108 [144]} spesso diverse e talvolta contrarie, ciò mi fa fortemente dubitare dell'autorità e della verità delle cose che contengono.

            P. La vostra dimanda non si presenta sotto ad un aspetto molto chiaro. Credo che voi vogliate dire, che la moltiplicità delle liturgie dei varii paesi sia un ostacolo alla verità. Ciò sarebbe da ammettersi qualora, siccome dite voi, queste liturgie contenessero cose diverse oppure contrarie, ma io ci vedo tutta l'uniformità; cosicchè si possono bensì dire molte in numero, ma una sola in dottrina. Siccome però io vi vedo tanto insistere sopra le liturgie, vi prego di permettermi che ne dia cenno delle principali. Di poi farete quella conclusione che sembrerà più ragionevole.

 

Liturgia copta.

 

            Comincerò adunque dalla liturgia Cofta, o egiziana che è quella usata dai cristiani d'Egitto, a cui si deve unire la liturgia degli Abissini ovvero cristiani dell'Etiopia. La storia Ecclesiastica ci accerta che la chiesa di Alessandria, capitale {109 [145]} dell'Egitto, fa fondata da s. Marco; e non avvi alcun dubbio che questo santo Evangelista non abbia stabilito una forma di liturgia. Nei primi secoli si consegnò oralmente da un vescovo all'altro, da un sacerdote all'altro. S. Cirillo di Alessandria nel secolo V. mise in iscritto la liturgia della sua chiesa. Egli scrisse in greco, che allora era parlato in Egitto; di là derivò che tale liturgia fu indifferentemente chiamata, ora di s. Marco, ora di s. Cirillo. E poichè in quei tempi erano già in uso due lingue, una Greca l'altra Egiziaca, perciò quella di s. Cirillo fu eziandio tradotta in lingua Cofta ad uso di quelli che facevano il loro sacrificio in tale lingua. Dioscoro poi successore di s. Cirillo e partigiano di Eutiche, quando fu condannato dal Concilio di Calcedonia nel 451 si separò dalla Chiesa Cattolica trascinando nello scisma gran parte di Egiziani. Questi scismatici continuarono a celebrare in lingua Cofta e in lingua Greca fino all'anno 660, quando i Maomettani introducendo colla spada la legge dell' Alcorano, lasciarono libero l'esercizio della liturgia Cofta a' soli scismatici.

            È vero che colà vi sono tre liturgie, {110 [146]} una detta di S. Cirillo, la seconda di S. Basilio, la terza di S. Gregorio di Nazianzo, soprannominato il teologo; ma gli eruditi che le hanno confrontate insieme trovarono in esse un perfetto accordo colla credenza cattolica ad eccezione di alcune professioni di fede aggiunte dagli Eretici. V. Lebrun, tom. 3.

            Gli Abissini ovvero i cristiani d'Etiopia, sono stati convertiti alla fede dai patriarchi di Alessandria, e siccome si mantennero sotto alla loro giurisdizione, così aderirono anche al loro scisma che professano ancora oggidì.

 

Liturgie siriache.

 

            Le liturgie Siriache sono appoggiate, sopra quella di S. Giacomo vescovo di Gerusalemme, e sono seguite dai cattolici detti Maroniti, e dagli Eutichiani detti Giacobiti.

            Dacchè Eutiche fu condannato nel concilio di Calcedonia, si vide nella Siria quasi la stessa cosa veduta in Egitto. Questo eretico trovò in quelle parti un gran numero di partigiani. Alcuni erano {111 [147]} nominati Melchiti, ossia realisti, perchè seguitavano la credenza dell'imperatore; altri Eutichiani perchè seguivano Eutiche. Ma e gli uni e gli altri conservarono la medesima liturgia, comunemente della liturgia di S. Giacomo, perchè era specialmente seguita in Gerusalemme e nelle chiese che dipendevano da quel patriarcato e da quello di Antiochia. S. Cirillo vescovo di Gerusalemme negl' anni 347, 348 la spiegava ai catecumeni; e si crede che sia stata posta in iscritto nel secolo V. L'anno 692 i padri del concilio Trullano la citarono sotto il nome di Liturgia di S. Giacomo per confutare l' errore degli Armeni, i quali non mettevano acqua nel calice. Nel secolo nono l'imperatore Carlo il Calvo, volle vedere a celebrare la S. Messa secondo la liturgia di S. Giacomo usata a Gerusalemme. In tutta l'antichità niuno degli Orientali mise in dubbio che quella liturgia non fosse di S. Giacomo.

 

Della liturgia dei nestoriani e di quella degli  armeni

 

            Quando Nestorio fu condannato dal concilio di Efeso l'anno 431, i suoi partigiani {112 [148]} si sparsero nella Mesopotamia e nella Persia, e vi fondarono un gran numero di chiese, le quali sono comunemente nominate chiese caldee. Eglino continuarono a servirsi della liturgia Siriaca, che portarono in tutti i paesi ove si sono stabiliti, fin nelle Indie, alle coste del Malabar, ove sussistono ancora ai nostri dì sotto al nome di cristiani di S. Tommaso. Il loro messale contiene tre liturgie: la prima intitolata degli Apostoli, la seconda di Teodoro l'interprete, la terza di Nestorio. Il padre Lebrun le ha confrontate tutte tre, e le trova pienamente d'accordo, ad eccezione di quella di Nestorio, a cui si fecero alcune aggiunte arbitrarie, per esprimere l'errore che quell'eresiarca professava.

            C. Io non ho potuto leggere queste liturgie, ma ho letto quanto dice uno dei nostri, Lacroze, nella sua Storia del cristianesimo nelle Indie. Egli dice che in tali liturgie non si parla nè di Purgatorio, nè di transustanziazione, nè di presenza reale.

            P. Il sig. Lacroze dice quel che gli pare, ma egli non le ha lette, e seguita la relazione di altri, i quali credo le abbiano {113 [149]} lette al par di lui. Il P. Lebrun assicura che non solamente dalle liturgie, ma eziandio da altri monumenti di loro credenza prova che quelle liturgie sono d'accordo con quanto insegna la Chiesa cattolica intorno alla preghiera pei defunti, all'esistenza del Purgatorio ed altri articoli che si vorrebbero porre in dubbio. V. tom. 3, pag. 417 e seg.

            Gli Armeni poi nel quarto secolo furono strascinati negli errori di Eutiche da certo Giacomo Baradeo, d'onde è venuto il nome di Giacobiti. Molti di loro si riunirono in varii tempi alla Chiesa cattolica; ma il loro scisma non è ancora interamente estinto. Anche in questa liturgia si parla chiaramente della presenza reale, dell'elevazione e adorazione dell'ostia, dell' invocazione dei santi e della preghiera pei fedeli defunti.

 

Liturgie greche.

 

            Passiamo ora alle liturgie Greche. Due sono le liturgie di cui si servono i Greci dipendenti dal patriarcato di Costantinopoli, dette una di S. Basilio, l'altra di S. {114 [150]} Giovanni Grisostomo. È fuori di dubbio che S. Basilio non ne è l'autore, ma solamente il redattore, cioè il primo a metterla in iscritto. La seconda si attribuisce a San Giovanni Grisostomo, ma è quella stessa che era in uso nella chiesa di Costantinopoli, conosciuta sotto il nome di liturgia degli Apostoli.

            La liturgia di S. Giovanni Grisostomo è seguita in tutte le chiese Greche dell' impero Ottomano, che dipendono dal patriarcato di Costantinopoli, e in tutte le chiese della Polonia e della Russia.

            C. Pure il nostro ministro Claudio, universalmente ammirato per dottrina e probità, dice che queste due liturgie vanno d'accordo con quelle dei Riformati e assicura che esse sono una condanna del cattolicismo.

            P. Il ministro Claudio e tutti quelli che ne seguitano i sentimenti sono in grave errore. Se mai voi aveste tempo a leggere queste liturgie Cofte, Etiopi, Siriache, Greche, o almeno voleste leggere quelli che le hanno pubblicate, confrontate, esaminate e spiegate, certamente direste che il ministro Claudio la sbaglia in queste come in molte altre cose; e vedreste che {115 [151]} la liturgia dei Greci è una condanna della dottrina protestante, e per l'opposto è una conferma di quanto professa la Chiesa romana intorno alla credenza del Purgatorio e alle preghiere pei fedeli defunti.

 

Delle liturgie latine.

 

            La chiesa latina conosce solamente quattro liturgie antiche; quella della Chiesa romana detta anche di S. Pietro, quella di Milano o di S. Ambrogio, la liturgia Gallicana, Spagnuola o Mozarabica. La storia ci assicura che quella di Roma viene da S. Pietro. Così assicura Innocenzo I papa nel IV secolo, (ep. ad decent.) e papa Vigilio nel VI secolo (ep. ad profut.). Questa liturgia fu scritta prima del Sacramentario di papa Gelasio verso il 496. S. Gregorio il grande vi fece qualche piccola aggiunta ed alcune variazioni per uniformarla ai riti della Chiesa. Onde questa liturgia fu anche detta Gregoriana. Ma in fondo è quella medesima praticata in Roma nei quattro primi secoli della Chiesa. V. Thommasi, liber Sacramentariorum, pag. 196. Se vogliamo una {116 [152]} prova palpabile del grande attaccamento delle chiese alle loro liturgie, l'abbiamo nella fermezza con cui i Milanesi conservarono la loro, malgrado le sollecitudini dei papi per unirli a quella di Roma. I Milanesi l'attribuiscono a S. Ambrogio, che difatti compose molti inni e preghiere pei divini uffizi: però se noi confrontiamo la liturgia di Milano con quella di Roma troviamo soltanto qualche diversità nell'ordine delle cose; ma la dottrina è perfettamente la medesima. V. Lebrun tom. 3, pag. 208.

            La liturgia Gallicana che è in uso nelle chiese di Francia fin dal 758, ha molta somiglianza colle liturgie orientali. Si crede comunemente che S. Fotino di Lione, S. Trofimo di Arles, e S. Saturnino di Tolosa, che erano Orientali, abbiano ivi stabilita una liturgia tale quale praticavasi nei loro paesi. V. Lebrun t. 3, pag. 241.

            La liturgia spagnuola è quella che fu in uso nella Spagna fin dal secolo quinto e ne' seguenti. Essa ha molta analogia colla gallicana Questa liturgia si dice anche Mozarabica dai Mori-Arabi che vennero a stabilirsi nella Spagna e professarono {117 [153]} il cristianismo colla liturgia che prima praticavasi in quel regno.

            Da questo rapido cenno sopra le liturgie noi vediamo, miei riveriti amici, una maravigliosa uniformità di riti, di cerimonie, di dottrina. La quale uniformità acquista gran peso per la diversità delle lingue, dello stile, per la distanza dei luoghi e pel corso di più secoli. Nell'Egitto, nella Siria, nella Persia, nella Grecia, nell'Italia, nella Gallia, nella Spagna noi vediamo chiese, altari, incensorii, sacrifizi, preghiere in suffragio dei fedeli defunti.

            Questo fatto avrebbe egli potuto accadere, se, quando si cominciarono a scrivere liturgie nel quinto secolo, non si avesse avuto un modello antico e rispettabile a cui tutte le altre si fossero giudicate in obbligo di attenersi? Sarebbe egli mai stato possibile che tutti coloro i quali misero in iscritto le liturgie dimorando in paesi così diversi, e l'un dall'altro distanti, abbiano tra di loro convenuto di scriverle tutte con un linguaggio equivoco ed abusivo, e prendere le voci, suffragio, preghiere pei defunti in un senso improprio e seduttore? O che bisogna supporre che in nessun luogo del mondo {118 [154]} siasi compreso bene il senso della lingua la più ordinaria, o dire che tutti gli scrittori, senza essersi accordati, abbiano concepito un progetto uniforme di cangiare la dottrina degli Apostoli e di ingannare tutto il mondo. Voi direte certamente che queste cose sono ambedue impossibili. Dunque bisogna conchiudere che queste liturgie provengano tutte da un principio solo, uniforme, certo; quale si è l'autorità degli Apostoli, i quali di comune consentimento secondo gli ordini ricevuti dal loro divin Maestro stabilirono modo, riti e cerimonie con cui dovessero celebrarsi i sacri misteri.

            E poichè abbiamo toccato questo punto delle liturgie, vorrei domandarvi se i protestanti sono in grado di mostrarci UNA SOLA liturgia usata dai cattolici o dagli eretici antichi, la quale non contenga la dottrina delle antiche liturgie. Al contrario noi sappiamo che Lutero cominciò egli a cangiare in gran parte la liturgia che allora praticavasi nella cristianità. Dapprima lasciava ancora il canone della Messa, dipoi trovò meglio di sopprimerlo affatto. Zvinglio, che negava la presenza reale, abolì quanto {119 [155]} Lutero aveva lasciato nella Messa e ritenne soltanto l'orazione domenicale.

            Nell'Inghilterra da Enrico ottavo ai nostri giorni i cangiamenti di liturgia si possono dire innumerabili. Insomma se leggiamo le moderne liturgie dei protestanti noi troviamo che esse non hanno la dottrina delle liturgie antiche, e neppure quella dei loro riformatori; e quello che muove a pietà si è che fra tante liturgie, che ne' tempi trascorsi si stamparono, e si stampano oggidì, non se ne possono trovar due d'accordo nello spirito e nella dottrina; anzi spesso una è contraria a quanto è insegnato dall'altra. Nella confusione di queste liturgie dei riformati in quale mai si può trovare la verità?

            È adunque cosa ragionevolissima l'asserire che le liturgie dei protestanti, essendo recenti e contrarie alle liturgie antiche, si devono rigettare. Al contrario, le liturgie cattoliche essendo antiche, uniformi, non mai variate, si devono seguire come quelle che ci hanno trasmesso la vera dottrina degli Apostoli e perciò quella di G. Cristo.

            Come voi ben vedete, o miei buoni amici, {120 [156]} io vi ho solamente accennato alcune cose risguardanti al vasto tema delle liturgie; se mai il tempo vi permettesse e vi tornasse a grado di leggere diffusamente trattato quanto riguarda a tale materia; potreste leggere quanto scrissero gli autori dell'opera intitolata La perpetuità della fede; soprattutto nel quarto e quinto volume. Anche l' abate Renaudot ha pubblicato una copiosa raccolta di liturgie Orientali in due volumi con note spiegative. L'anno 1640 il padre Menardi pubblicò il sacramentario di s. Gregorio con molte utili annotazioni. L' anno 1680 il cardinale Tommasi diede alla luce l'insigne opera Gli Antichi Sacramentari della Chiesa Romana. Ma più di tutti si rese benemerito di questi studi il celebre PIETRO LEBRUN prete dell'Oratorio nell'opera intitolata: Spiegazione letterale, storica e dogmatica delle preghiere e cerimonie della s. Messa, volumi 4.

            Tutti questi autori ci portano i documenti originali che vi ho numerato intorno alle liturgie. Ma notate bene che nel riferire, tradurre, paragonare le varie liturgie non ve n' è neppur uno il quale non asserisca esplicitamente che in tutte {121 [157]} si parla di riti, preghiere e sacrifizi fatti per suffragare le anime dei cristiani defunti.

            Dal che si vede il consentimento universale dei popoli cristiani di tutti i tempi e di tutti i luoghi. Ciò posto, avreste ancora qualche cosa da osservare intorno alla credenza del Purgatorio ed ai suffragi dei defunti?

            C. Non avrei più alcuna cosa da osservare; io non era molto alieno dal credervi prima; ma in seguito a quanto mi avete detto, io non trovo alcuna difficoltà di credere coi cattolici all'esistenza del Purgatorio. - Credo che i miei compagni diranno lo stesso.

            Il ministro in questa seconda conferenza non aveva mai parlalo; solamente di quando in quando dava segno di approvazione o disapprovazione.

            Ministro. Neppur io, prese egli a dire, ho difficoltà alcuna di credere coi cattolici all'esistenza del Purgatorio; e non esito a dire che se tutti gli articoli della Chiesa romana fossero così sodamente fondati, mi dichiarerei cattolico fin da questo momento.

            Prete. Posso assicurarvi, amici, che in {122 [158]} tutto quello che professa la Chiesa cattolica, non havvi un solo articolo di fede che abbia minori prove di questo. Anzi, sarei per dirvi che fra tutti i dogmi di nostra religione, il Purgatorio è forse quello che è inferiore agli altri nel numero e nella chiarezza delle prove. Noi dobbiamo però altamente lamentare che da molti si gridi contro alle verità cattoliche solo per aver udito altri a fare altrettanto senza averle mai studiate.

            Pertanto io consiglio i Protestanti a darsi davvero allo studio della dottrina cattolica e specialmente delle liturgie antiche.

            Da tale studio comprenderanno che le loro liturgie sono nuove e non hanno più alcuna somiglianza colle antiche, che perciò l'antica dottrina non è più fra di loro.

            Egual consiglio do ai Cattolici. Persuadiamoci che non havvi studio più utile di quello delle liturgie. Esse racchiudono le verità della fede, espongono il modo, l'ordire con cui tali verità furono in ogni tempo praticate; quindi formano una prova irrefragabile dell'antichità, della perpetuità, dell' immutabilità della fede {123 [159]} cattolica, non solo in ciò che riguarda i dogmi contrastati dai protestanti, ma eziandio in quanto riguarda gli altri articoli di nostra santa religione.

 

 

Con approvazione della revisione Ecclesiastica {124 [160]}