Il Purgatorio

Capitolo VI:Gli Arcangeli - Gli Angeli - Gli Angeli Custodi

L'anima passa tra il coro degli Arcangeli, messaggeri di Dio e dei suoi mirabili disegni di potenza e di amore.

Servi meravigliosi, sette dei quali più rifulgenti di luce e, diremmo, più veloci, sono innanzi al trono di Dio, a capo dei quali è Michele, il trionfatore vindice della divina gloria, contro satana e gli spiriti ribelli che precipitarono nell'inferno. L'anima sente la trionfante armonia di questi Spiriti eccelsi, che le vengono incontro per annunziarle l'ingresso alla felicità.

L'anima passa tra i Cori degli Angeli che custodiscono le opere di Dio e le sue intelligenti creature, e sono custodi dell'ordine universale e dell'ordine spirituale delle anime loro affidate.

Sono miriadi, tutti luce di premurosa bontà, tutti pieni di dolcezza amorosa, come mamme che vengono incontro alla debolezza dei figli, tutti messaggeri di misericordia.

Se avessero le ali, come noi li dipingiamo per indicare la loro spiritualità e la loro velocità, apparirebbero come le ruote del carro visto da Ezechiele, pieni di occhi amorosamente vigilanti; apparirebbero come farfalle di amore, che passano tra i fiori del prato per impollinarli e renderli fecondi di frutti. Essi infatti portano gli effluvi della grazia di Dio tra le creature insensibili, e le mantengono nell’ordine delle leggi che le armonizzano, e tra le creature intelligenti, e le guidano nell'armonia della Divina Legge che le indirizza alla gloria.

Se avessero voce come la nostra, il suo suono sarebbe come placido zefiro che carezza i fiori di Dio, perché mandino a Lui il loro profumo.

Nessuno può capire la delicatezza dei loro inviti, la dolcezza dei loro suggerimenti, la materna bontà dei loro rimproveri. Se Dio rispetta la libertà delle sue creature, e le tratta con riverenza, come dice la Scrittura, gli Angeli Custodi, fulgenti della divina bontà, che è infinita signorilità, le trattano con rispettosa dolcezza, come placide luci tra le tenebre dello spirito che si disordina e pecca, e come morbido sostegno tra quelli che faticosamente avanzano tra le aspre vie del pellegrinaggio terreno. Se si potessero vedere con gli occhi del corpo, quando ci custodiscono, ci apparirebbero come grandi nubi dorate, che si distendono su di noi quasi ombre protettrici, e come nubi di celeste rugiada che stillano grazie.

La voce del mio Angelo

Io, giovanetto, a 14 anni, essendo chierico, fui incaricato di aver cura della lampada del SS. Sacramento, perché non si spegnesse. I lumini che avevo a mia disposizione erano difettosi, si spegnevano in varie ore, senza che io potessi calcolarne la durata. Nel giorno vigilavo io, ispezionando di tanto in tanto la lampada, ma nella notte come potevo fare questa vigilante ispezione?

Pregai con la semplicità e la fede di un fanciullo l'Angelo mio Custode che mi avesse svegliato un minuto prima che si spegnesse la lampada. Un minuto, perché, a mia vergogna, non volevo perdere sonno. Un minuto mi bastava per andare dal letto alla Cappella, dov'era Gesù Sacramentato. Ogni notte, in varie ore, secondo il... capriccio dei lumini, mi sentivo dolcemente battere sulla spalla destra come da una morbida mano, e sentivo una placida e dolcissimo voce che mi chiamava: « Dolindo, la lampada ». Ed io scendevo, e la lampada stava per spegnersi. La smoccolavo e ritornavo a letto.

Una notte, una brutta notte, fui pigro; che pena a ricordarlo! Sentii la mano sulla spalla, la voce che mi chiamava e, ripugnandomi di alzarmi, pensai che potevo ingannarmi. Rimasi un minuto solo a poltrire, ma mi ripigliai. L'Angelo dovette in quel momento illuminarmi soltanto; per delicatezza non battette sulla spalla e non parlò, giacché io ero sveglio. Mi precipitai dal letto, scesi in Cappella, e trovai il lumino spento che fumigava. L'Angelo mi aveva chiamato esattamente un minuto prima che si spegnesse.

I miei confratelli, sorpresi che lo giungessi sempre in tempo nella notte ad accomodare la lampada, mi domandarono: « Come fai ad accorgerti che la lampada si spegne, se non si può calcolare la durata del lumino? ». Risposi: « E’ semplice; ho pregato l'Angelo mio che mi svegliasse un minuto prima, ed egli mi sveglia ». L'Angelo mio non venne più. Forse fu per quel delicatissimo riserbo che debbono avere le cose soprannaturali? O passò in me qualche ombra di vanità, che non lo fece più venire? Io non lo so, mi umilio soltanto. Il fatto avvenne nella settimana di Passione del 1897, ed io sento ancora sulla spalla destra la dolcezza di quella mano, e alla soavità lenta e quasi sillabata di quella voce: « Dolindo, la lampada ».