Il Purgatorio

Il Purgatorio nella rivelazione dei santi - Capitolo XIV: DOVERI CHE CI LEGANO AL PURGATORIO

I legati pii

Dopo aver visto quel che le anime del Purgatorio fanno per noi, parleremo in questo capitolo di quello che noi dobbiamo fare per loro. Talvolta, come in seguito vedremo, è un semplice obbligo di carità quello che ci deve indurre a soccorrerle, talvolta invece sono rigorosi doveri di giustizia, specialmente verso certe anime, quelli che noi dobbiamo compiere, ed è di questi che ci accingiamo a trattare. Non senza motivo l'autore dell'Imitazione di Cristo raccomanda ai fedeli di far molte opere soddisfattorie a vantaggio dell'anima propria durante la vita, senza, fidarsi troppo degli eredi che lascieranno in questo mondo, i quali se sono premurosissimi di entrare in possesso delle nostre sostanze, altrettanto sono generalmente negligenti nell'eseguire le nostre volontà circa, le opere da noi destinate a sollievo dell'anima nostra. E' questo un fatto che esperimentiamo purtroppo giornalmente, quando vediamo famiglie che ereditarono un patrimonio talvolta ricchissimo mercariteggiare vergognosamente i pochi suffragi che il defunto si era riservato, ed ove l'insufficienza o l'astuzia della legge civile vi si presti, cercare ogni via per far dichiarare nullo il testamento, onde esonerarsi dall'obbligo di eseguire i pii legati lasciati dal defunto. E' questa - lo sappiano bene le famiglie cristiane - una crudeltà delle più abbominevoli, e coloro che se ne rendono colpevoli verso i poveri defunti sono d'ordinario puniti da Dio con castighi severissimi. Allorchè ci meravigliamo di vedere sostanze vistosissime sfumare nelle mani di avidi eredi, riducendosi questi nella miseria, pensiamo che nel giorno in cui tutto ci sarà palese vedremo che la causa di tante rovine stava spesso nell'avarizia e nella durezza di cuore avuta da essi trascurando di soddisfare i legati lasciati dal defunto.

Racconta il Rossignoli (Meraviglia del Purgatorio, XXI) che a Milano una fertilissima proprietà essendo stata per intero distrutta dalla grandine, mentre quelle vicine erano rimaste intatte, nessuno sapeva a che attribuire questo fatto, quando l'apparizione di un'anima del Purgatorio fece conoscere ch'era quello un giusto castigo inflitto da Dio a figli sconoscenti e crudeli che non avevano eseguito la volontà dei defunti genitori. Le storie tutte riboccano di racconti nei quali si parla di case diroccate o rese inabitabili con gran detrimento dei proprietari, di terreni desolati dalla grandine, di bestiame decimato dal contagio, di sventure senza numero piombate sopra famiglie fino a ieri felici; e andando ad esaminare bene le cose, noi vi troveremo, non di rado, in fondo qualche obbligo non soddisfatto verso anime del Purgatorio abbandonate e che invano reclamarono i dovuti suffragi. - Specialmente poi nell'altro mondo la giustizia di Dio colpisce severamente i colpevoli detentori delle facoltà dei defunti. Ha detto lo Spirito Santo per bocca di S. Giacomo che un giudizio senza misericordia sarà riserbato a colui che non ha usato misericordia: judicium sine misericordia illi qui non fecit rnisericordiam (Tac. 2, 13). Qual rigore adunque di giustizia dovrà pesare su quei miserabili che per avarizia hanno lasciato penare le anime dei loro parenti per lungo tempo in Purgatorio, per non aver adempiuto le loro pie volontà?

Un episodio, impressionante e commovente ad un tempo; a proposito di sacrileghi detentori dei beni dei defunti, si legge nella vita di Rabano Mauro, scritta dal Triternio. - Rabano Mauro, che fu prima abate del celebre monastero di Fulda, e più tardi arcivescovo di Magonza, ardeva di carità e di zelo pei defunti. Secondo le costituzioni dell'Ordine di S. Benedetto allorchè un monaco passa all'altra vita, per 30 - giorni continui vien distribuita la sua porzione di cibo ai poveri, in suffragio dell'anima sua. Or accadde che - nell'anno 830, avendo una pestilenza rapito moltissimi monaci, fra i quali un superiore, Rabano Mauro, fatto chiamare Edelardo, procuratore del monastero, lo incaricò di far distribuire ai poveri le solite razioni e gli raccomandò di non mancare, poichè Iddio lo avrebbe altrimenti punito severamente. Ma siccome anche nel chiostro trova albergo talvolta l'avarizia, Edelardo contravvenne agli ordini del superiore. Una sera in cui le soverchie faccende lo avevano costretto a vegliare oltre il tempo prescritto dalla regola, nel recarsi alla stanza da letto, attraversando la sala del Capitolo, vide con grande stupore l'Abate, circondato dai monaci, tenere adunanza. Avvicinatosi per accertarsi dello strano caso, trovò non già l'Abate vivente, ma il superiore defunto insieme con tutti gli altri monaci periti nella pestilenza, due dei quali, scesi dai loro stalli gli si fecero incontro e spogliatolo dei suoi abiti, dietro ordine del superiore lo disciplinarono aspramente, gridando: - Ricevi, o disgraziato, il castigo della tua avarizia; e sappi che questo è nulla a paragone di quel che ti aspetta nell'altra vita. Tu scenderai fra tre giorni nella tomba, e tutti i suffragi che sarebbero dovuti all'anima tua saranno invece applicati a coloro che la tua schifosa avarizia ha privato dei loro. - A mezzanotte quando i monaci scesero in coro per cantare mattutino avendo trovato Edelardo disteso in un lago di sangue e ricoperto di ferite, gli si fecero intorno e con ogni cura lo trasportarono all'infermeria; ma egli con voce morente disse: - Affrettatevi a chiamare il mio superiore, poichè ormai ho più bisogno dei rimedi spirituali che di quelli temporali. Queste mie membra lacere e peste non guariranno mai più e mi accompagneranno fra breve al sepolcro. - Essendo indi sopraggiunto l'Abate, gli raccontò in presenza dei confratelli il terribile avvenimento, confermato dalla verità delle sue ferite, e tre giorni dopo, ricevuti i Sacramenti con viva contrizione e pietà, passò di questa vita. Venne subito cantata la Messa di requie in suo suffragio, nonchè le altre trenta prescritte dalla regola, e per un mese intero fu esattamente distribuita ai poveri la sua porzione; in capo al qual tempo il defunto essendo comparso pallido e sfigurato a Rabano Mauro, questi gli chiese se si potesse far per lui qualche bene onde liberarlo da tanto soffrire. Ma quegli rispose: - O mio buon Padre, vi ringrazio delle premure vostre e di quelle dei vostri monaci, ma vi annunzio che tutti i suffragi fatti per me fino ad ora non hanno giovato a liberarmi dalle mie pene, avendoli la divina giustizia applicati a quei miei confratelli che io vivendo privai dei loro. Vi supplico adunque di raddoppiare preghiere ed elemosine, affinchè dopo liberati essi, possa anch'io uscire di questo carcere. - Essendosi allora continuato con più fervore da tutta quella comunità a pregare e a far elemosina per Edelardo, in capo al secondo mese apparve di nuovo tutto vestito di bianco e col volto sorridente, dicendo che la sua espiazione e quella dei suoi confratelli era compiuta, e che se ne saliva felicemente al cielo.

Ma non basta eseguire le pie volontà dei defunti, è necessario eseguirle prontamente e senza restrizioni.. Alcuni teologi hanno pensato che qualsiasi ritardo nell'esecuzione delle pie volontà dei defunti non dovrebbe nuocere loro, dato che essi da parte loro hanno fatto tutto il possibile per assicurarsi i suffragi e che quindi non per colpa loro avviene il ritardo. Ma contro l'opinione di codesti teologi stanno le apparizioni delle anime, venute a lamentarsi coi vivi della negligenza posta nel suffragarle. Dirà taluno che in questo caso dipenderebbe da noi prolungare il Purgatorio di un povero defunto, senza ch'egli ne abbia alcuna colpa. Così è, rispondiamo, ed appunto in ciò consiste il delitto di quegli avidi eredi che differiscono all'infinito l'esecuzione dei pii legati: e questo è tanto più, vero in quanto che molte volte, i legati dal defunto stabiliti per l'anima sua non sono altro che restituzioni da lui dovute. La famiglia che lo ignora o vuole ignorarlo, ama meglio parlare di captazioni o di avidità clericali, e sotto tali pretesti fare annullare il testamento, mentre spessissimo si tratta di strette restituzioni. Supponiamo che il moribondo abbia commesso delle ingiustizie - cosa che accade ben di frequente anche fra le persone che agli occhi del mondo passano per onestissime - e che prima di comparire dinanzi a Dio, volendo riparare al mal fatto, e non volendo svelare ai figli o ai parenti il suo triste segreto, copra la sua restituzione coll'apparenza di un legato pio; che cosa avverrà di quell'anima se questo legato non sarà soddisfatto? Dovrà essere trattenuta per lunghissimo tempo nel Purgatorio? Sarebbe cosa ben dura, è vero, ma moltissime anime apparse ci fan fede di questo fatto, assicurandoci che finchè la giustizia di Dio è lesa, non possono essere ammesse all'eterna beatitudine. D'altra parte essendo esse pure colpevoli di tanto ritardo nel soddisfare i debiti verso i loro creditori, ai quali avrebbero dovuto far restituzione in vita, senza aspettare il momento in cui non rimarrebbe loro più tempo di farlo da sè, è giusto che talvolta Iddio si serva di queste nostre dimenticanze per punirle adeguatamente. Se esse infatti soffrono, il povero prossimo offeso e pregiudicato da loro non ha sofferto e non soffre forse egli pure? Res clamat domino, e finchè la restituzione non sia compiuta, questo grido di lesa giustizia ripercuoterà sempre all'orecchio di quelle anime. Ci par dunque più sicuro attenersi all'assioma teologico, che cioè senza restituzione non vi è Paradiso.

Doveri verso i genitori e verso i figli

Dovere gravissimo è quello di suffragare i propri genitori. S. Elisabetta d'Ungheria, quando morì sua madre Geltrude, quantunque avesse fatte per lei larghissime elemosine, mortificazioni e preghiere, se la vide una notte comparire col volto triste e smunto, e postasele ginocchioni dinanzi tutta piangente, dirle: - Figlia mia, figlia mia, ecco a' tuoi piedi la madre tua oppressa dal dolore: abbi compassione di lei. Io ti supplico di moltiplicare i tuoi suffragi onde la misericordia divina mi liberi dagli spaventosi tormenti che soffro. Ahimè! quanto sono da compiangere coloro che esercitano autorità sugli altri! Io sto ora duramente espiando i falli commessi quand'ero sul trono. In nome delle angoscie e dei dolori fra i quali ti ho messa al mondo, in nome delle veglie e delle fatiche sostenute per la tua educazione, ti scongiuro a fare il possibile per liberarmi da tanti tormenti! - S. Elisabetta, appena cessata la visione, si pose a pregare, a piangere e a flagellarsi così aspramente, che il suo corpo sfinito cadde in letargo, e mentre stava così sopita, ecco comparirle riuovamente la madre vestita di bianco e col volto raggiante d'allegrezza, annunziandole che le preghiere da lei fatte in quel breve tempo le avevano schiuso le porte del cielo (Surio, 19 Nov., Vita S. Elisab.). A S. Margherita da Cortona, che fu parimente generosissima verso i suoi genitori nell'offrire preghiere e mortificazioni, fu da Dio rivelato che il tempo della espiazione di essi era stato considerevolmente abbreviato. - La venerabile Caterina Paluzzi quando perdette il genitore passò otto intieri giorni in preghiere e macerazioni d'ogni sorta, in capo ai quali avendo fatto celebrare un servizio funebre e gran numero di Messe, rapita in estasi, fu dal divin Salvatore in compagnia di S. Caterina da Siena condotta in Purgatorio, dove intese la voce lamentevole di suo padre, che tra mezzo alle fiamme la scongiurava ad aver pietà di lui e ad affrettare la sua liberazione. Presa da indicibile angoscia, la Santa si volse a nostro Signore, e lo scongiurò ad aver misericordia di quell'anima, pregando anche S. Caterina ad intercedere per lei; ma ebbe in risposta che la giustizia doveva avere il suo corso. Allora ella s'offrì nella sua ammírabile carità a subire nel proprio corpo quel che restava ad espiarsi dal padre, e il Salvatore la esaudì, poichè l'anima dei padre volò dopo pochi istanti al cielo, mentre da quel momento in poi la vita di Caterina non fu altro che un lungo e continuato martirio (Vedi Diario Domenicano, 16 Ott.).

E perciò quando noi desideriamo conoscere la sorte toccata a coloro che abbiamo amato su questa terra, invece di alimentare questa curiosità che dispiace a Dio e che non giova per nulla a quelle povere anime faremmo molto meglio a pregare il Signore che le sollevi da quelle pene.

Dionigi Cartusiano racconta che quand'egli perdette il genitore, invece di pregare pel riposo di lui, si lasciò prendere dal desiderio smodato di conoscere la sorte toccatagli, senza preoccuparsi di suffragarlo. Iddio, volendo riprenderlo di questo difetto, permise che una sera, durante la preghiera, una voce gli dicesse: - Perchè ti lasci tentare da tanto vana curiosità? Non sarebbe meglio che tu applicassi il merito delle tue orazioni in suffragio dell'anima del padre tuo, che soffre tra le fiamme del Purgatorio, piuttosto che cercar di sapere dove si trovi? - Ammaestrato da questo avviso Dionigi Cartusiano si pose allora a pregare con fervore pel sollievo di suo padre, e la notte seguente vide, penare atrocemente il defunto, mentre nel suo dolore gridava: - Ah! figlio mio, perchè mi hai così dimenticato? Abbi pietà del padre tuo, e soccorrimi con le tue preghiere. - Il religioso, tutto confuso per la sua negligenza, si pose a ripararla, e pregò finchè non seppe, per rivelazione, della liberazione del padre.

Commovente, specialmente per un sacerdote, è quanto ci viene raccontato di Giovanni Rusbrock dai suoi biografi. Tra quanti ammiravano, per la sua sapienza, Rusbrock, ancora giovanissimo, si distingueva la mamma di lui. Egli si era ritirato presso uno zio prete per essere addestrato nelle scienze umane, ma sapratutto nelle divine. « Sua madre, che non sapeva dove egli veramente fosse, lo apprese quando cominciò a diffondersi la fama della sua sapienza. Essa andò a Bruxelles, ma quando poté rinascere per via della virtù e della celebrità di suo figlio, non sospirò più per la sua presenza corporale... ». La donna entrò in un ordine religioso, e dal chiostro continuò ad amare il figlio. Ma morì prima di avere raggiunto la perfezione. Rusbrock allora, nel suo amore filiale, aiutò l'anima di sua madre con preghiere quotidiane, « le quali non erano superflue perchè l'anima della morta ne aveva bisogno. Essa apparve parecchie volte a Rusbrock, domandando con voce lugubre, quanto fosse ancora lontano il giorno in cui egli sarebbe stato ordinato prete. Finalmente tale giorno arrivò. Rusbrock stava terminando la sua prima Messa, quando sua madre gli apparve ad annunziare la propria liberazione » (A. Cervesato, Giovanni Rusbrock, Torino 1936, pag. 32).

Se è stretto obbligo di giustizia pregare per i cari genitori defunti, è altrettanto doveroso per i genitori pregare pel riposo dei figli, dai quali sono stati preceduti nell'eternità. Se si amavano prima, tanto più si devono amare adesso. A che serviranno le lacrime e la disperazione di una madre o di un padre sconsolato se non siano accompagnate da preghiere e suffragi per il figlio defunto? - Racconta Càtimpré che la sua nonna avendo perduto un figlio di grandi speranze, piangeva giorno e notte sconsolatamente, senza pensare a pregare per l'anima del defunto che in mezzo alle fiamme del Purgatorio orribilmente soffriva. Ma Dio avendo avuto pietà di lui, un giorno fece apparire in visione a quella desolata madre uno stuolo di giovani che si avviavano processionalmente verso una magnifica città. Ella guardò attentamente se fra essi vi fosse il suo caro figlio, ma ahimè! lo vide venire lontano lontano, solo, affaticato e colle vesti inzuppate d'acqua. Richiestolo del perchè non prendesse parte alla festa degli altri, rispose: - Le tue lacrime, o madre mia, son quelle che ritardarono il mio cammino e macchiano così le mie vesti. Se è vero che mi ami, cessa una volta dal tuo sterile dolore, e solleva l'anima mia con preghiere, con' elemosine e con sacrifici. - Sparve la visione, e la pia donna, richiamata a sentimenti più sublimi, si diè con tutto l'impegno ad ottenere la grazia della liberazione di quell'anima.

S. Elisabetta regina di Portogallo si mostrò molto più generosa verso sua figlia Costanza, la quale, dopo poco tempo da che erasi sposata al re di Castiglia, le fu da improvviso morbo rapita. Saputa l'infausta notizia, Elisabetta recavasi insieme con suo marito a Santarem, quando un eremita, correndo dietro il corteo reale, incominciò a gridare che voleva parlare ad Elisabetta. Venutole dinanzi, le raccontò come la regina Costanza gli fosse apparsa più volte e gli avesse confidato che era condannata ad un lungo e rigoroso purgatorio, dal quale sarebbe stata liberata in capo ad un anno, se ogni giorno fosse stata celebrata una Messa in suo suffragio. Elisabetta, d'accordo col suo sposo, fece quanto l'eremita aveva detto, e al termine di un anno le apparve Costanza vestita di bianco e raggiante di gloria, annunziandole che in forza delle Messe, da lei fatte celebrare, saliva in cielo, dove avrebbe sempe pregato per i suoi diletti genitori.

Per i sacerdoti defunti

Il dovere di suffragare coloro che maggiormente ci furono cari quaggiù in terra, ci richiama sul dovere che abbiamo di fare altrettanto per coloro che si presero cura della nostra anima, i sacerdoti, i parroci, i direttori spirituali. In molte parrocchie si fanno ogni anno Uffizi e funzioni in suffragio dei Parroci defunti e dei sacerdoti che prestarono servizio in quella determinata chiesa: lodevole usanza, che dovrebbe essere introdotta in tutte le nostre chiese. Bella occasione sarebbe quella per ricordare ai fedeli le responsabilità che i sacerdoti, specialmente se addetti alla cura delle anime e alla direzione spirituale, si assumono, dinanzi a Dio, per le anime, e quindi l'obbligo di gratitudine e di giustizia di pregare per loro, una volta passati da questa all'altra vita. Forse le anime dei sacerdoti in Purgatorio sono le più dimenticate! Siano coloro che continuano la loro missione nel mondo, sacerdoti anch'essi, destinati alla medesima sorte, i primi a ricordarli coi loro suffragi, e ad incitare i fedeli a suffragarli. Non sarà piccolo il merito che si acquisteranno per quest'opera e grande la ricompensa che ne avranno nell'altra vita.

L'ordine delle nostre preghiere

Finalmente è dovere di giustizia pregare per tutti coloro che in un modo o in un altro si trovano in Purgatorio per causa nostra. Pensiamo che dirado il peccato è commesso nascostamente, e che il più delle volte esercita un'azione malefica su coloro che ne furono complici o testimoni! Ahimè! che gran male apporta lo scandalo! Quanta spaventevole responsabilità apporta ad un'anima! Eppure chi è fra di noi che possa dire di non aver mai commesso atto o pronunciata parola che non abbia fornito occasione di caduta a qualcuno de' suoi fratelli, il quale dovrà espiare la sua colpa o in questo mondo o nell'altro? Direte forse che non è sempre facile conoscere quali siano queste anime. Non importa: Dio le conosce, ed è nostro dovere di avere ogni giorno un ricordo speciale di coloro che debbono a noi la loro sorte sventurata.

E qui siamo spinti a dire poche parole sull'ordine che dobbiamo tenere nel ripartire i nostri suffragi in favore delle anime purganti, se vogliamo che a ciascuna sia reso il suo. - In primo luogo, partendo da quell'assioma che nessuno ha diritto di mostrarsi liberale se non ha prima cominciato dal liberar se stesso dai suoi debiti, dobbiamo pensare a coloro ai quali siamo legati da obblighi speciali, e quindi per esempio, i sacerdoti, da quelli pei quali ricevettero incarico di celebrar Messe; gli eredi, da coloro che li hanno incaricati di soddisfare qualche pio legato. Dobbiamo quindi pensare ai pastori delle anime, ai sommi Pontefici, ai Vescovi, ai prelati, ai sacerdoti che ci amministrarono i Sacramenti e che furono istrumenti della nostra conversione, nonchè ai nostri parenti, padre, madre, fratelli, sorelle, spose, figli, ed a tutti coloro dai quali, abbiamo ricevuto educazione o conforto quando vissero su questa terra. Dobbiamo poi ricordarci dei nostri benefattori, dei nostri amici e di tutti quelli che con un titolo qualunque ci hanno fatto del bene; e finalmente dobbiamo formare un'intenzione generale per tutti coloro che si trovano in Purgatorio per cagion nostra, e questo non per devozione o liberalità, ma per stretto obbligo di giustizia.

Ciò facendo avremo reso a ciascuno il suo, avremo soddisfatto ogni nostro debito, ed allora potremo attendere fiduciosamente la sentenza che la giustizia divina pronunzierà a nostro carico, lieti di quanto è scritto nelle sacre pagine, che cioè le nostre azioni saranno misurate con la stessa misura con cui noi avremo misurata quella degli altri: Eadem mensura remetietu.r vobis (Matth., 7, s).

Fonte: www.preghiereagesuemaria.it