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«Sono salvo!»
Giovanni Bosco, da giovane studente nel seminario di Chieri, fece
questo patto con il suo amico e condiscepolo Comollo: chi dei due
fosse morto per primo sarebbe venuto la notte seguente a informare
l'altro della propria sorte, a condizione che Iddio l'avesse
permesso. «Io ignoravo tutte le conseguenze di una simile
promessa, scriverà più tardi don Bosco, e confesso che
fu una grande follia; così io consiglio vivamente gli altri di
astenersene. Ma noi allora non trovammo nulla di riprensibile in
questa promessa ed eravamo ben decisi a mantenerla. La rinnovammo più
volte, in particolare durante l'ultima malattia di Comollo. Le ultime
parole di Comollo e il suo sguardo mi assicurarono dell'adempimento
del nostro patto.
Nel seminario di Chieri, la notte dal 3 al 4
aprile 1839, che seguiva il giorno della sepoltura di Luigi Comollo,
io - raccontò Giovanni - riposavo con venti alunni del corso
teologico... Ero a letto ma non dormivo. Sullo scoccare della
mezzanotte, si ode un cupo rumore in fondo al corridoio, rumore che
si rendeva più sensibile, più cupo, più acuto a
misura che si avvicinava. Pareva quello di un carrettone tirato da
molti cavalli, di un treno di ferrovia, quasi dello sparo di un
cannone... I seminaristi di quel dormitorio si svegliano, ma nessuno
parla. Io ero impietrito dal timore. Il rumore si avanza, e sempre
più spaventoso; e presso il dormitorio si apre da sé
violentemente la porta. Continua più veemente il fragore senza
che si veda cosa alcuna, eccetto una languida luce, ma di colore
vario, che pareva regolatrice di quel suono. A un certo momento si fa
improvviso silenzio: splende più viva quella luce; si ode
distintamente risuonare la voce del Comollo (ma più esile di
quando era vivo) che, per tre volte consecutive, dice: Bosco! Bosco!
Bosco! io sono salvo!
In quel momento il dormitorio divenne ancor
più luminoso, il cessato rumore si fece riudire di gran lunga
più violento, quasi tuono che sprofondasse la casa, ma tosto
cessò, e ogni luce disparve. I compagni, balzati dal letto,
fuggirono senza saper dove... Tutti avevano udito il rumore. Parecchi
intesero la voce, senza capirne il senso... Io ho sofferto assai e fu
tale il mio spavento che in quell'istante avrei preferito morire. Fu
la prima volta che, a mio ricordo, abbia avuto paura. Di qui
incominciò una malattia che mi portò all'orlo della
tomba, e mi lasciò così malandato di salute che non ho
potuto più riacquistarla, se non molti anni dopo».
G.
B. Lemoyne, Vita di S. Giovanni Bosco, vol. 1, Torino 1953, pp.
192-194.