Il Purgatorio

Capitolo 2-29: Vantaggi della divozione per le anime purganti: ricompense.

05/03/2017    1630     Il dogma del Purgatorio    San Domenico di Napoli  San Tommaso d'Aquino 
L'angelico dottore S. Tomaso d'Aquino, pure divotissimo per le anime, fu ricompensato con parecchie apparizioni, che furono conosciute per mezzo dell'irrecusabile testimonianza dello stesso illustre Dottore.

Offriva egli in modo particolare le sue preghiere ed i suoi sacrifizi per i defunti che aveva conosciuti o che erano della sua parentela. Quando era lettore di teologia all'Università di Parigi, perdette una sorella, che morì nel monastero di Santa Maria di Capua, di cui era badessa. Appena il santo conobbe la sua morte, con fervore ne raccomandò a Dio l'anima. Alcuni giorni dopo, essa gli comparve, scongiurandolo di aver pietà di lei, di continuare, anzi raddoppiare i suoi suffragi, perché crudelmente soffriva fra le fiamme dell'altra vita. Tomaso si diede premura di offrire a Dio tutte le soddisfazioni che poteva, e di più domandò i caritatevoli suffragi dei suoi amici. In tal modo ottenne la liberazione della sorella, venuta essa stessa a dargliene l'assicurazione.

Poco tempo dopo, essendo stato inviato a Roma dai suoi superiori, gli apparve l'anima della sorella, ma questa volta, in tutto lo splendore del trionfo e della gioia. Reso famigliare colle cose soprannaturali, il santo non temette d'interrogare l'apparsa, e domandarle che n'era dei suoi due fratelli Arnaldo e Landolfo, anch'essi da qualche tempo morti. «Arnaldo è in Cielo, rispose l'anima, e vi gode un alto grado di gloria, per aver difesa la Chiesa ed il Sommo Pontefice contro le empie aggressioni dell'imperatore Federico. Quanto a Landolfo, trovasi ancora nel Purgatorio, ove soffre molto ed ha grande bisogno di soccorsi. Quanto a te. mio caro fratello, ella aggiunse, ti aspetta in Paradiso un posto magnifico, in ricompensa di quanto hai fatto per la Chiesa. Affrettati a dar l'ultima mano ai vari lavori che hai incominciato, poiché ben presto sarai unito a noi». Riferisce la storia che infatti il santo Dottore non visse più a lungo.

Un'altra volta, lo stesso santo, facendo orazione nella chiesa di S. Domenico in Napoli, vide avvicinarglisi il confratello Romano, che a Parigi gli era successo nella cattedra di teologia. Il santo dapprima credette che arrivasse da Parigi, ignorando la sua morte; si alzò quindi, gli andò incontro e lo salutò, domandando notizie della sua salute dei motivi del suo viaggio. «Non sono più di questo mondo, gli disse il religioso sorridendo, e per la misericordia di Dio già posseggo il Bene supremo: d'ordine suo vengo ad incoraggiarvi nei vostri lavori. - Sono in istato di grazia? Chiese subito Tomaso. - Sì, fratello mio, e le vostre opere, sono a Dio gratissime. ­ E voi avete provato il Purgatorio? - Sì, per quindici giorni, causa varie infedeltà; non prima sufficientemente espiate».

Allora Tomaso, sempre preoccupato da questioni teologiche, volle approfittare dell'occasione per rischiarare il mistero della beatifica visione; ma gli fu risposto con quel versetto del salmo 47: Sicut audivimus. sic vidimus in civaitate Dei nostri: ciò che conoscemmo per mezzo della fede, vediamo coi nostri occhi nella città di Dio. Pronunziando quelle parole, sparve l'apparizione; lasciando l'angelico Dottore acceso dal desiderio dei beni eterni.

Più recentemente, nel secolo XVI, un consimile favore, forse più luminoso, fu concesso ad uno zelatore delle anime del Purgatorio, particolar amico di S. Carlo Borromeo. Il venerabile Graziano Ponzoni, arciprete di Arona, in tutta la sua vita si interessò pel sollievo delle anime. Durante la famosa peste, che nella diocesi di Milano fece tante vittime, Ponzoni, non contento di moltiplicarsi per amministrare i sacramenti agli appestati, non temeva di farsi becchino e di seppellire i cadaveri, giacché nessuno ardiva prendersi il carico di quel terribile bisogno. Con uno zelo ed una carità al tutto apostolica, aveva sopratutto assistito un gran numero di quegli infelici di Arona, e in modo conveniente li aveva sepolti nel cimitero vicino alla sua chiesa di S. Maria.

Un giorno, dopo l'uffizio dei vespri, passando vicino a quel cimitero, accompagnato da don Alfonso Sanchez, allora governatore d'Arona, tutto ad un tratto si fermò, colpito da una straordinaria visione. Temendo d'esser lo zimbello d'una allucinazione, si volse a don Sanchez e rivolgendogli la parola: «Signore, gli domandò, vedete voi lo stesso spettacolo che si presenta ai miei occhi? - Sì, rispose il governatore, che s'arrestò nella stessa contemplazione: veggo una processione di morti, che dalla loro tomba vanno verso la chiesa». Allora, assicurato della realtà dell'apparizione: «Sono probabilmente, aggiunse l'arciprete, le vittime recenti della peste, che ci fanno conoscere in tal modo d'abbisognare delle nostre preghiere». L'indomani, di buon mattino, fece suonare le campane ad adunare i parrocchiani per le solenni esequie a favore dei defunti.

Qui si veggono due personaggi cui l'elevatezza dello spirito mette in guardia contro ogni pericolo d'illusione, e che, colpiti tutti e due nel tempo stesso dalla medesima apparizione, non si decidono a credervi che dopo d'aver constatato che i loro occhi veggono lo stesso fenomeno. Qui non, può avervi parte la più piccola allucinazione, ed ogni uomo serio deve ammettere la realtà d'un fatto soprannaturale attestato da tali testimoni. Non si potrebbero ragionevolmente metter in dubbio apparizioni appoggiate dalla testimonianza d'un S. Tomaso d'Aquino, più sopra menzionate. Aggiungiamo che devesi pure stare in guardia dal rigettare con leggerezza altri fatti di simil genere, dal momento che sono attestati da persone d'una riconosciuta santità e degne veramente di fede. Senza dubbio, ci vuol prudenza, ma una prudenza cristiana, lontana egualmente dalla credulità e da quello spirito troppo ostinato che Gesù Cristo, come venne osservato, riprende nella persona d'un suo apostolo: Noli esse incredulus, sed fidelis: non siate increduli, ma credenti (Joan., XX, 27).

Monsignor Languet, vescovo di Soissons, fa la stessa osservazione, riguardo ad una circostanza ch'egli cita nella sua Vita della B. Margherita Alacoque. «Era morta la Signora Billet, dice egli, moglie del medico della casa, ossia, del convento di Paray, ove trovavasi la beata. L'anima della defunta apparve alla serva di Dio per chiederle preghiere, e nel tempo stesso la incaricò d'avvertire suo marito di due cose segrete, riguardanti la giustizia e la sua salute. Suor Margherita riferì alla Madre Greffier, sua superiora, quanto aveva veduto. La superiora si burlò della visione e di quella che a lei la riferiva; impose silenzio a Margherita, e le ingiunse di nulla dire e di nulla fare di quanto le era stato chiesto.

«L'umile religiosa ubbidì con semplicità; e, colla stessa semplicità riferì alla Madre Greffier il secondo eccitamento fattole ancora pochi giorni dopo dalla defunta, il che fu eziandio disprezzato da quella superiora. Ma nella notte seguente fu ella stessa inquietata da fracasso così orribile che si fece udire nella sua stanza, che credette morirne di spavento. Chiamò suore, e quel soccorso giunse opportunissimo, giacché era quasi svenuta. Quando ritornò in se stessa, si rimproverò la sua incredulità, e non mancò d'avvisare il medico di quanto era stato detto a suor Margherita.

«Il medico riconobbe che l'avviso veniva da Dio, e ne approfittò. Quanto alla Madre Greffier, per propria esperienza conobbe che se la diffidenza è d'ordinario il più saggio partito, non bisogna però spingerla troppo lontano, sopratutto quando la gloria di Dio ed il vantaggio del prossimo vi possono essere interessati».

Fonte: www.preghiereagesuemaria.it