Il Purgatorio

Capitolo 2-27: Vantaggi della divozioni alle anime purganti: favori temporali e spirituali.

05/03/2017    1690     Il dogma del Purgatorio    Santa Caterina da Bologna 
Citiamo ancora un fatto tanto più degno di qui figurare, dacché un gran papa, Clemente VIII, vi scorse il dito di Dio e raccomandò di pubblicarlo ad edificazione della Chiesa. Parecchi autori, dice il P. Rossignoli, riferirono il meraviglioso soccorso che dalle anime del Purgatorio ricevette Cristoforo Sandoval, arcivescovo di Siviglia. Essendo ancora fanciullo, aveva l'abitudine di distribuire in limosina per le anime una parte del denaro che gli si dava per i minuti piaceri. La sua pietà non fece che crescere cogli anni! per le anime dava quanto poteva disporre, fino a privarsi di mille cose che gli sarebbero state utili o necessarie.

Nel tempo che compiva i corsi nell'Università di Lovanio, avvenne che le lettere che aspettava dalla Spagna ebbero un ritardo, e per conseguenza si trovò sprovvisto di denaro, al punto da non avere con che provvedere al proprio sostentamento. In quel momento un povero gli chiese la limosina a nome delle anime del Purgatorio: e, ciò che mai gli era successo, ebbe il dolore di doverla riffutare.

Desolato per questo incidente, entrò in una chiesa. «Se non posso dar la limosina, diceva a se stesso, per le povere mie anime, voglio almeno aiutarle pregando per esse».

Terminata appena la sua preghiera, uscendo dalla chiesa, gli si avvicinò un bel giovane, in abito da viaggiatore, che con modi rispettosi lo salutò. Cristoforo provò un sentimento di religioso turbamento, come se fosse stato alla presenza di uno spirito in forma umana. L'amabile suo interlocutore colla più grande gentilezza gli parlò del marchese di Dania, suo padre, dei suoi parenti, dei suoi amici, precisamente come uno spagnuolo, che
Sandoval, che in tutta la giornata non aveva mangiato, volentieri accettò quella graziosa offerta. Dopo il pasto, lo straniero diede a Sandoval una certa somma, pregandolo d'accettarla, perché ne facesse quell'uso che a lui piacerebbe, aggiungendo che, quando vorrebbe, se la farebbe rendere dal marchese suo padre, in Ispagna. Poscia, adducendo il pretesto di qualche affare, si ritirò, e Cristoforo mai più lo rivide. Malgrado tutte le sue indagini riguardo a quello sconosciuto, venne in chiaro di niente: nessuno, né a Lovanio, né in Ispagna, l'aveva veduto, nessuno conosceva un giovane somigliante. Quanto al denaro, era esattamente la somma di cui abbisognava il pio Cristoforo per aspettare le sue lettere in ritardo; e mai alla sua famiglia fu chiesto quel denaro.

Il Cielo a soccorrerlo aveva inviato alcuna delle anime da lui stesso soccorse colle sue preghiere e colle sue limosine. In questo sentimento fu confermato dal papa Clemente VII, cui raccontò il fatto quando si recò a Roma per ricevere le sue bolle di vescovo.

Tale è la riconoscenza delle anime sante uscite da questo mondo, da testificarla anche pei servigi a loro resi mentre erano ancora in vita. Negli Annali dei Frati Predicatori è riferito che, fra quelli che domandarono l'abito di san Domenico nell'anno 1241, si trovava un avvocato che aveva abbandonato la sua professione, in conseguenza di straordinarie circostanze. Era stato legato in amicizia con un giovane assai pio, che caritatevolmente assistette nella malattia di cui morì. Dopo la morte del suo amico, non dimenticò di pregare per l'anima sua, sebbene non fosse di grande pietà. Bastò questo perché il defunto gli procurasse il più grande benefizio, quello della conversione e della religiosa vocazione. Trenta giorni circa dopo la sua morte, apparve all'avvocato e lo supplicò di soccorrerlo, perché si trova va in Purgatorio. «Sono rigorose le vostre pene? gli domandò l'amico. - Ohimè! rispose, se tutta la terra colle sue foreste e colle sue montagne fosse in fuoco, non sarebbe un braciere come quello in cui io mi trovo immerso». L'avvocato fu preso da spavento, si rianimò la sua fede e pensando alla propria anima: «In quale stato, domandò, mi trovo agli occhi di Dio? - In cattivo stato, rispose il defunto, ed in una pericolosa professione. - Che farò io dunque? Che consiglio mi date? - Lasciate il mondo cattivo in cui vi siete impegnato, e non occupatevi che della salute dell'anima vostra». Seguì l'avvocato quel consiglio, diede tutti i suoi beni ai poveri e prese l'abito di S. Domenico.

Ecco come un santo religioso della Compagnia di Gesù seppe dopo la sua morte riconoscere i servigi del medico Verdiano, che l'aveva curato nella sua ultima malattia. Il fratello coadiutore Francesco Lacci era morto nel Collegio di Napoli nel 1598. Era un uomo di Dio, pieno di carità, di pazienza e di una tenera divozione verso la Santa Vergine. Alcun tempo dopo la sua morte, il dottore Verdiano entrò di mattina assai per tempo nella chiesa del Collegio per udire la messa prima di cominciare le sue visite. Era il giorno in cui si facevano le esequie del re Filippo II, morto quattro mesi prima. Nel momento in cui, uscendo dalla chiesa, prendeva l'acqua benedetta, si presenta a lui un religioso e gli chiede perché si sia eretto il catafalco e quali esequie si celebravano. «Quelle del re Filippo II», rispose.

Nel tempo stesso Verdiano, stupito che un religioso facesse tale domanda ad uno straniero, e non distinguendo in quella parte poco illuminata i lineamenti del suo interlocutore domandò chi era. «Sono, rispose, il fratello Francesco, che curaste nella mia malattia». Il dottore attentamente guarda e perfettamente riconosce i lineamenti del Lacci. Stupefatto e commosso: «Ma, gli dice, voi siete morto di quella malattia. Voi dunque patite nel Purgatorio e venite a chiedermi i suffragi. - Benedetto sia Iddio, io non ho più né dolore, né tristezza; non ho più bisogno di suffragi. Sono fra le gioie del Paradiso. - E il re Filippo II è desso pure in Paradiso? - Sì, vi è, ma sta sotto di me, quanto sulla terra stava sopra di me. E voi, aggiunse il Lacci, ove pensate di far oggi la vostra prima visita?» Avendogli Verdiano risposto che andava dal patrizio di Maio, infermo, il comparso l'avvertì di star in guardia contro un grave pericolo che lo minacciava in quella casa. Infatti, il medico sulla porta di quella casa trovò una grossa pietra posta in modo che, urtandola, avrebbe potuto fare una caduta mortale. Questa materiale circostanza sembra sia stata disposta dalla Provvidenza, per provare a Verdiano che non era stato il giuoco di una illusione.

Ma le anime il più sovente esercitano la riconoscenza invisibilmente colle loro preghiere. Le anime pregano per noi, non solo quando per la loro liberazione si trovano in Cielo, ma sin nel luogo del loro esilio ed in mezzo ai loro patimenti. Sebbene non possano pregare per se stesse, colle loro suppliche ottengono per noi grandi grazie. Tale è l'insegnamento espresso da due illustri teologi, Bellarmino e Suarez. «Quelle anime, dice Suarez, sono sante e care a Dio; la carità le porta ad amarci, e sanno, almeno in modo generale, a quali pericoli siamo esposti, qual bisogno abbiamo del soccorso divino. E perché dunque non pregheranno pei loro benefattori?»

Perché? Ma, si risponderà, perché nel buio loro soggiorno non li conoscono.

A questa obbiezione si può anzitutto rispondere, che le anime almeno sentono il sollievo che ricevono ed il soccorso che loro è dato: ciò basta, quand'anche ignorassero donde viene loro, per chiamare le benedizioni del Cielo sopra i loro benefattori, chiunque siano, ma che ben sono conosciuti da Dio.

Ma, di fatto, non sanno esse da chi loro viene l'assistenza nelle pene? Forti ragioni ci persuadono che non esiste per loro ignoranza su questo punto. Il loro angelo custode, che con esse dimora per dar loro tutte le consolazioni che stanno in suo potere, li priverebbe forse d'una tanto consolante cognizione? Poi, questa cognizione non è forse assai conforme al dogma della comunione dei Santi? L'unione che esiste fra noi e la Chiesa purgante non sarà forse tanto più perfetta se sarà reciproca, se le anime meglio conosceranno i loro benefattori?

Questa dottrina si trova confermata da una moltitudine di particolari rivelazioni e dalla pratica di sante persone. Già dicemmo che santa Brigida, nelle sue estasi, udì parecchie di queste anime dire ad alta voce: «Signore, Dio onnipotente rendete il centuplo a quelli che ci assistono colle loro preghiere e che vi offrono buone opere per farci godere della luce della vostra divinità».

Si legge nella Vita di S. Caterina da Bologna, che per le anime del Purgatorio aveva una divozione piena di tenerezza: che per esse spesso e con fervore pregava; che ad esse si raccomandava con grande confidenza negli spirituali suoi bisogni, ed induceva altri a farlo, loro dicendo: «Quando voglio ottenere qualche grazia dal nostro Padre del Cielo, ricorro alle anime che sono ritenute nel Purgatorio, le supplico di presentare alla divina Maestà la mia domanda in loro nome, e provo che per la loro interposizione sono esaudita». Un santo prete dei nostri tempi, la cui causa di beatificazione è cominciata a Roma, il venerabile Vianney, curato d'Ars, diceva ad un ecclesiastico che lo consultava: «Oh! se si sapesse quanto grande è il potere delle buone anime del Purgatorio sul cuore di Dio, e se bene si conoscessero tutte le grazie che per loro intercessione possiamo ottenere, non sarebbero tanto dimenticate! Bisogna per esse pregar molto, onde esse molto preghino per noi».

Fonte: www.preghiereagesuemaria.it