Il Purgatorio

Capitolo 1-10: Pene del Purgatorio.

Come già dicemmo, la pena del senso ha diversi gradi d'intensità: è meno terribile per le anime che non hanno peccati gravi da espiare, o che avendo già terminata questa più rigorosa espiazione, s'avvicinano alla loro liberazione. Allora molte di queste anime non altro soffrono che la pena del danno, anzi già in esse cominciano a brillare i primi raggi della gloria e a gustare come le primizie della beatitudine.

Quando santa Perpetua vide nel Purgatorio il suo fratellino Dinocrate, questo fanciullo più non sembrava patire crudeli torture. Ella stessa, l'illustre martire, scrisse il racconto di quella visione, nella sua prigione di Cartagine, ov'era stata rinchiusa per la fede di Gesù Cristo, durante la persecuzione di Settimio Severo nel 205. Le apparve il Purgatorio sotto la figura d'un arido deserto, ove vide il suo fratello Dinocrate morto all'età di sette anni. Il fanciullo aveva un'ulcere sulla faccia, e tormentato dalla sete invano cercava dissetarsi alle acque d'una fontana, che gli stava dinanzi, ma di cui erano troppo alti i margini per arrivarci.

La santa martire comprese che l'anima di suo fratello era nel luogo delle espiazioni e che chiedeva il soccorso delle sue preghiere. Pregò dunque per lui; e tre giorni dopo, in una nuova visione vide lo stesso Dinocrate in mezzo ad un giardino delizioso: il suo volto era bello come quello di un angelo; era vestito d'una ricchissima veste; gli orli della fontana si erano abbassati dinanzi a lui; con una coppa d'oro ne attingeva le vive acque e a lunghi sorsi si dissetava. - Conobbe allora la santa che l'anima del suo fratellino godeva finalmente delle gioie del Paradiso.

Nelle Rivelazioni di S. Geltrude leggiamo che una giovane religiosa del suo monastero, da lei singolarmente amata per le sue grandi virtù, era morta coi più bei sentimenti di pietà. Mentre ardentemente raccomandava quest'anima cara a Dio, fu rapita in estasi, ed ebbe una visione. Le fu mostrata la defunta dinanzi al trono di Dio, circondata d'una brillante aureola e coperta di ricche vesti. Però era triste e preoccupata; i suoi occhi erano abbassati, come si vergognasse di comparire alla presenza di Dio: si sarebbe detto che voleva nascondersi e fuggire. Geltrude, tutta sorpresa, al divino Sposo delle Vergini domandò la causa di quella tristezza e di quell'imbarazzo in un'anima tanto santa. «Dolcissimo Gesù, esclamò, perché nella vostra bontà non invitate la vostra sposa ad avvicinarsi a voi e ad entrar nella gioia del suo Signore? Perché la lasciate in disparte triste e timorosa?» ­ Allora Nostro Signore, con un sorriso d'amore, fece segno a questa sant'anima d'avvicinarsi; ma essa ancora più turbata, dopo d'avere esitato un poco, tutta tremante, profondamente s'inchinò e si allontanò.

A quella vista S. Geltrude, direttamente indirizzandosi all'anima: « Ecchè! figlia mia, le disse, vi allontanate quando il Signore vi chiama? Voi che tutta la vita sospiraste dietro a Gesù, ora che vi stende le braccia, indietreggiate dinanzi a lui! - Oh! madre mia, rispose quell'anima, non sono ancora degna di comparire dinanzi all'Agnello immacolato: ho ancora delle macchie che contrassi sulla terra. Per avvicinarsi al sole di giustizia, bisogna essere più puri del raggio della luce: io non ho ancora quella perfetta purità che vuol contemplare nei suoi Santi. Sappiate, che se mi fosse aperta la porta del Cielo, non oserei varcarne la soglia prima di essere interamente purificata dalle più piccole macchie: mi sembra che il coro delle vergini che seguono l'Agnello con orrore mi respingerebbe. - Eppure, riprese la santa abadessa, vi veggo circondata di luce e di gloria! - Quanto vedete, rispose l'anima, non è che la frangia del vestimento della gloria: per indossare quella veste ineffabile del Cielo, bisogna aver nessun'ombra di macchia».

Questa visione ci mostra un'anima assai vicina alla gloria, ma nel tempo stesso indica che questa anima ha lumi ben diversi dai nostri riguardo all'infinita santità di Dio. La chiara cognizione di quella santità le fa ricercare, come un bene, le espiazioni di cui abbisogna per essere degna degli sguardi di Dio tre volte santo.

E ciò è pure quanto insegna espressamente S. Caterina da Genova. Si sa che questa santa ricevette da Dio lumi al tutto particolari sullo stato delle anime nel Purgatorio: scrisse un opuscolo, intitolato Trattato sul Purgatorio, che gode d'un'autorità simile alle opere di S. Teresa, ove, al capo VIII, in tal modo si esprime:

«Il Signore è tutto misericordia e tiene le braccia aperte per riceverci nella sua gloria. Ma veggo altresì che questa divina essenza è d'una tale purità, che l'anima non saprebbe sostenere il suo sguardo, se non è assolutamente immacolata. Se in sé trova il minimo atto d'imperfezione, piuttosto che rimanere con una macchia alla presenza della divina maestà, si precipiterebbe nel fondo dell'Inferno. Trovando dunque il Purgatorio creato per levarle le sue sozzure, vi si butta dentro; e stima esser effetto d'una grande misericordia l'esser dato a lei un luogo ove possa liberarsi dall'impedimento alla suprema felicità cui anela».

Si legge nella vita di S. Maddalena de' Pazzi, che una delle sue suore di nome Maria Benedetta, religiosa d'eminente virtù, morì fra le sue braccia. Nella sua agonia vide una moltitudine di angeli, che con aria giuliva la circondavano, aspettando che esalasse l'anima per portarla nella celeste Gerusalemme; e al momento in cui spirò, la santa li vide ricevere quell'anima beata sotto la forma d'una colomba, la cui testa era dorata e con essa scomparire.

Tre ore dopo, vigilando e pregando vicino al santo corpo, Maddalena conobbe che l'anima della defunta non era né in Paradiso, né fra i tormenti, ma in un luogo particolare ove, senza soffrire alcuna pena sensibile, era priva della vista del suo Dio.

L'indomani, celebrandosi la messa per l'anima di Maria Benedetta, al Sanctus Maddalena fu di nuovo rapita in estasi, e Dio le fece vedere quell'anima beata in seno alla gloria del Paradiso.

Maddalena si permise di domandare al Salvatore Gesù perché non avesse più presto ammessa alla sua santa presenza quell'anima teneramente amata. Le fu risposto che nella sua ultima malattia suor Benedetta s'era mostrata troppo sensibile alle cure che per lei si prendevano, il che per qualche tempo aveva interrotta l'abituale sua unione con Dio, e la perfetta sua conformità al divino volere.

Terminiamo quanto abbiamo a dire sulla natura delle pene con alcune particolarità che troviamo nella Vita della B. Margherita Maria della Visitazione. Sono tolte in parte dalle Memorie della madre Greffier, quella superiora la quale, saggiamente diffidente riguardo alle grazie straordinarie concesse alla beata Margherita, non cominciò a riconoscerne la verità che dopo mille prove. La madre Filiberta Emmanuele di Montoux superiora d'Annecy, morì il 2 febbraio 1683, dopo una vita che edificò tutto l'istituto. La madre Greffier la raccomandò particolarmente alle preghiere di suor Margherita. Dopo alcun tempo, questa disse alla sua superiora che Nostro Signore le aveva fatto conoscere essere a lui carissima quell'anima, pel suo amore e per la fedeltà al suo servizio; che le riservava un'ampia ricompensa nel cielo, dopo che avesse terminato di purificarsi nel Purgatorio.

La beata vide la defunta nel luogo delle espiazioni. Nostro Signore gliela mostrò nei patimenti, dove riceveva grandi sollievi dall'applicazione dei suffragi e delle opere buone che ogni giorno per lei si offrivano in tutto l'Ordine della Visitazione. La notte dal giovedì santo al venerdì, mentre Suor Margherita ancor pregava per lei, gliela fece vedere come posta sotto il calice contenente l'ostia all'altare portatile dell'adorazione: là partecipava ai meriti della sua agonia nell'orto degli Ulivi.

Il giorno di Pasqua, che in quell'anno cadeva il 18 aprile, la beata la vide come in un principio di felicità, in atto di desiderare e di sperare prossima la vista ed il possesso di Dio.

Finalmente, quindici giorni dopo, il 2 maggio, domenica del Buon Pastore, la vide come immergersi dolcemente nella gloria, melodiosamente cantando il cantico dell'amor divino.

Ecco come la B. Margherita rende ella stessa conto di quest'ultima apparizione in una lettera indirizzata il giorno stesso, 2 maggio 1683, alla madre di Saumasie a Digione:

«Viva Gesù! La mia anima si sente penetrata da una sì grande gioia che a stento posso contenerla in me stessa. Permettetemi, mia buona madre, di comunicarla al vostro cuore che col mio non forma che un solo in quello di Nostro Signore. Questa mattina, domenica del Buon Pastore, due delle mie buone anime sofferenti, allo svegliarmi. vennero a darmi l'addio: oggi il divin Pastore le riceveva nel suo eterno ovile, con più d'un milione d'altre anime. Tutt'e due, unite a quella beata moltitudine, se ne andavano con inesprimibili cantici d'allegrezza. Una è la buona madre Filiberta Emmanuele di Montoux, l'altra la mia sorella Giovanna Caterina Gàcon. Una ripeteva del continuo queste parole: L'amore trionfa, l'amore gode, l'amore gioisce in Dio. L'altra diceva: Beati sono i morti che muoiono nell'esatta osservanza delle loro regole. Tutt'e due vogliono che vi dica da parte loro, che ben può la morte separare gli amici, ma non disunirli.

«Se sapeste quanto l'anima mia fu inondata dalla gioia! Giacché loro parlando le vedeva a poco a poco inabissarsi nella gloria, come uno che si affoga in un vasto oceano. Esse vi chiedono un rendimento di grazie all'augustissima Trinità, un Laudate e tre Gloria Patri. Avendole pregate di ricordarsi di noi, esse mi dissero che l'ingratitudine non è mai entrata in cielo».

Fonte: www.preghiereagesuemaria.it