Natuzza Evolo e l'Angelo Custode
15/10/2017
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Altre testimonianze sul Purgatorio
Angelo Custode
Natuzza Evolo
San Michele Arcangelo
Anche i colloqui di Natuzza con il suo angelo custode, entità celeste alla quale la mistica si rivolge spesso pure per sostenere le persone bisognose e per chiedere spiegazioni, si intensificheranno con gli anni. A lungo lei volle tenere segreta l’identità di questo speciale protettore, guida e assistente a un tempo, che in tanti modi diversi l’ha scortata e confortata nella sua difficile missione. Poi, avendo Gesù stesso nominato lui, il suo angelo, in un messaggio affidatole nella Quaresima del 199678 perché fosse reso noto, non si oppose più a divulgarne il nome: era l’Arcangelo Michele, secondo la tradizione biblica, santo principe dei cherubini a capo della milizia celeste che sconfisse le forze del male. Ma a chi colse in questa “presenza” accanto a lei un segno di privilegio o distinzione, la Evolo con umiltà spiegò: “È perché io ho molte tentazioni”.
Parole semplici, le più modeste possibili, per dire che se da un lato c’era l’Arcangelo Michele a proteggerla, dall’altro Natuzza aveva più volte visite – quando non subiva aggressioni violente sul piano fisico, con tanto di fratture e ferite – da parte del demonio: e questo avveniva con caratteristiche molto simili a quelle riscontrate nell’esperienza di Padre Pio da Pietrelcina.
La fama del legame tra la ragazza di Paravati e le creature angeliche si diffuse rapidamente poco dopo le sue nozze con Nicolace. La terza notte dal rientro di Pasquale dalla Puglia, la notte seguente l’apparizione della Madonna con Gesù e san Giovanni, si verificò uno strano episodio. Mesiano l’ha descritto così: “Un coro soave e melodioso di voci per un raggio di oltre cento metri fu udito dai vicini e dai passanti che si assieparono presso la porta di casa della Evolo”.
Da allora, durante le trance di Natuzza, che si ripetevano nella sua casa più o meno ogni sera e al cospetto di vari visitatori, in molti hanno sentito distintamente lo stesso coro di voci celestiali, “di bellezza inimitabile”, levarsi dal petto e dalle labbra della mistica in stato di totale incoscienza. Giuseppe Bartuli e Fortunato Rotella, entrambi di Mileto, hanno affidato la loro testimonianza su questo a Marinelli. Ma è rimasto un ricordo vivo di queste inspiegabili melodie anche tra molti anziani di Paravati, che vi assistettero, e ai figli della mistica. (A questi ultimi, anni dopo, Natuzza avrebbe detto, perché non si impressionassero, che quei canti uscivano dalla radio, dimenticata accesa.)
Quel canto angelico del 17 gennaio, comunque, fu un segnale per l’intera comunità paravatese: qualcuno continuò a guardare con diffidenza alla giovane sposa, ma i più smisero di considerarla una pazza e iniziarono a vederla come un punto di riferimento per diversi affanni.
Innanzi tutto per avere notizie di parenti defunti, il più delle volte giovani morti in guerra, poi per i guai di salute, per grosse difficoltà legali, e così via, chiedendole consiglio o preghiere speciali.
Natuzza accoglie tutti e risponde a tutti, con incredibile proprietà di linguaggio e mostrando di conoscere in modo dettagliato le cose: ma lei sostiene con candore di non fare altro che ripetere ad alta voce quanto le suggeriscono gli angeli. Lei ne vede uno dietro chiunque si rivolge a lei – tranne di venerdì, giorno in cui accusa una sorta di blackout settimanale in questa facoltà percettiva –, poiché ogni essere umano ha un suo custode celeste.
La Evolo, inoltre, avvista attorno ai consultanti le entità dei loro cari scomparsi, e spesso li scambia per accompagnatori vivi, tanto da offrire loro una sedia: è proprio in quel periodo, tra il 1944 e il 1945, che la mistica senza volere fa fuggire spaventato un uomo che si era presentato da lei con altre persone, chiedendogli ingenuamente: “Scusate, ma voi siete vivo o siete morto?”.
Nicola Valente, primo biografo della Evolo nel 1950, ha lasciato un’efficace testimonianza sulle sue visioni angeliche:
Gli angeli li vede col corpo umano, fulgido e bellissimo, provvisto di ali e capelli biondi, lunghi e inanellati, che Iddio fa prendere loro onde possano essere visti dai terreni. Quando Dio lo permette, vede l’angelo custode di ciascuno di noi a destra col vestito aureo o azzurro e bianco. Quest’angelo, avendo il compito di aiutarci a superare le tentazioni e di confortarci durante le pene del Purgatorio, ci accompagna fino all’assunzione in Paradiso, o ci abbandona all’atto della morte nel caso di dannazione, ricevendo poi in custodia un altro spirito. L’angelo custode di ciascun sacerdote lo vede a sinistra, e sta a sinistra perché, essendo i sacerdoti ministri di Dio, vengono considerati superiori agli angeli come ministri, pur essendo come uomini, imperfetti o perfetti, inferiori... Da quest’ultimo dettaglio Natuzza identificò al primo sguardo, baciando poi loro la mano, diversi preti presentatisi a lei in abiti laici, spesso con lo scopo di ingannarla e metterne alla prova i “doni”. E come accadde con Padre Pio, anche diversi figli spirituali della Evolo rammentano di aver ricevuto aiuto e conforto dopo aver invocato il proprio angelo perché presentasse le loro richieste a quello di Natuzza, seguendo le raccomandazioni di quest’ultima. Alcuni sostengono di aver addirittura avvistato la creatura eterea venuta in soccorso o di averne avvertito la presenza. In ogni caso è impressionante l’analogia tra il santo da Pietrelcina e la mistica di Paravati in questo rapporto diretto con gli angeli custodi, che, nei loro insegnamenti, esortano a pregare come efficaci e sempre solerti ausiliari di fronte ai pericoli e alle difficoltà.
Una volta, a colloquio con un angelo, la Evolo sentendosi raccomandare di essere “sempre buona, umile e caritatevole”, chiese come avrebbe potuto fare la carità dal momento che lei e Pasquale non avevano neppure il denaro sufficiente per il proprio mantenimento. La risposta, da lei rivelata come sprone all’amore verso Dio e verso il prossimo, fu, con un largo sorriso della creatura celeste:
È meglio essere povera di ricchezze terrene e non di animo e di fede; prega, prega per tutto il mondo, è la migliore carità. Di’ a tutti i fedeli di Maria che preghino se vogliono che il Divin Re Salvatore dia soddisfazione ai loro cuori.
Parole semplici, le più modeste possibili, per dire che se da un lato c’era l’Arcangelo Michele a proteggerla, dall’altro Natuzza aveva più volte visite – quando non subiva aggressioni violente sul piano fisico, con tanto di fratture e ferite – da parte del demonio: e questo avveniva con caratteristiche molto simili a quelle riscontrate nell’esperienza di Padre Pio da Pietrelcina.
La fama del legame tra la ragazza di Paravati e le creature angeliche si diffuse rapidamente poco dopo le sue nozze con Nicolace. La terza notte dal rientro di Pasquale dalla Puglia, la notte seguente l’apparizione della Madonna con Gesù e san Giovanni, si verificò uno strano episodio. Mesiano l’ha descritto così: “Un coro soave e melodioso di voci per un raggio di oltre cento metri fu udito dai vicini e dai passanti che si assieparono presso la porta di casa della Evolo”.
Da allora, durante le trance di Natuzza, che si ripetevano nella sua casa più o meno ogni sera e al cospetto di vari visitatori, in molti hanno sentito distintamente lo stesso coro di voci celestiali, “di bellezza inimitabile”, levarsi dal petto e dalle labbra della mistica in stato di totale incoscienza. Giuseppe Bartuli e Fortunato Rotella, entrambi di Mileto, hanno affidato la loro testimonianza su questo a Marinelli. Ma è rimasto un ricordo vivo di queste inspiegabili melodie anche tra molti anziani di Paravati, che vi assistettero, e ai figli della mistica. (A questi ultimi, anni dopo, Natuzza avrebbe detto, perché non si impressionassero, che quei canti uscivano dalla radio, dimenticata accesa.)
Quel canto angelico del 17 gennaio, comunque, fu un segnale per l’intera comunità paravatese: qualcuno continuò a guardare con diffidenza alla giovane sposa, ma i più smisero di considerarla una pazza e iniziarono a vederla come un punto di riferimento per diversi affanni.
Innanzi tutto per avere notizie di parenti defunti, il più delle volte giovani morti in guerra, poi per i guai di salute, per grosse difficoltà legali, e così via, chiedendole consiglio o preghiere speciali.
Natuzza accoglie tutti e risponde a tutti, con incredibile proprietà di linguaggio e mostrando di conoscere in modo dettagliato le cose: ma lei sostiene con candore di non fare altro che ripetere ad alta voce quanto le suggeriscono gli angeli. Lei ne vede uno dietro chiunque si rivolge a lei – tranne di venerdì, giorno in cui accusa una sorta di blackout settimanale in questa facoltà percettiva –, poiché ogni essere umano ha un suo custode celeste.
La Evolo, inoltre, avvista attorno ai consultanti le entità dei loro cari scomparsi, e spesso li scambia per accompagnatori vivi, tanto da offrire loro una sedia: è proprio in quel periodo, tra il 1944 e il 1945, che la mistica senza volere fa fuggire spaventato un uomo che si era presentato da lei con altre persone, chiedendogli ingenuamente: “Scusate, ma voi siete vivo o siete morto?”.
Nicola Valente, primo biografo della Evolo nel 1950, ha lasciato un’efficace testimonianza sulle sue visioni angeliche:
Gli angeli li vede col corpo umano, fulgido e bellissimo, provvisto di ali e capelli biondi, lunghi e inanellati, che Iddio fa prendere loro onde possano essere visti dai terreni. Quando Dio lo permette, vede l’angelo custode di ciascuno di noi a destra col vestito aureo o azzurro e bianco. Quest’angelo, avendo il compito di aiutarci a superare le tentazioni e di confortarci durante le pene del Purgatorio, ci accompagna fino all’assunzione in Paradiso, o ci abbandona all’atto della morte nel caso di dannazione, ricevendo poi in custodia un altro spirito. L’angelo custode di ciascun sacerdote lo vede a sinistra, e sta a sinistra perché, essendo i sacerdoti ministri di Dio, vengono considerati superiori agli angeli come ministri, pur essendo come uomini, imperfetti o perfetti, inferiori... Da quest’ultimo dettaglio Natuzza identificò al primo sguardo, baciando poi loro la mano, diversi preti presentatisi a lei in abiti laici, spesso con lo scopo di ingannarla e metterne alla prova i “doni”. E come accadde con Padre Pio, anche diversi figli spirituali della Evolo rammentano di aver ricevuto aiuto e conforto dopo aver invocato il proprio angelo perché presentasse le loro richieste a quello di Natuzza, seguendo le raccomandazioni di quest’ultima. Alcuni sostengono di aver addirittura avvistato la creatura eterea venuta in soccorso o di averne avvertito la presenza. In ogni caso è impressionante l’analogia tra il santo da Pietrelcina e la mistica di Paravati in questo rapporto diretto con gli angeli custodi, che, nei loro insegnamenti, esortano a pregare come efficaci e sempre solerti ausiliari di fronte ai pericoli e alle difficoltà.
Una volta, a colloquio con un angelo, la Evolo sentendosi raccomandare di essere “sempre buona, umile e caritatevole”, chiese come avrebbe potuto fare la carità dal momento che lei e Pasquale non avevano neppure il denaro sufficiente per il proprio mantenimento. La risposta, da lei rivelata come sprone all’amore verso Dio e verso il prossimo, fu, con un largo sorriso della creatura celeste:
È meglio essere povera di ricchezze terrene e non di animo e di fede; prega, prega per tutto il mondo, è la migliore carità. Di’ a tutti i fedeli di Maria che preghino se vogliono che il Divin Re Salvatore dia soddisfazione ai loro cuori.
Fonte: Libro, Natuzza Evolo, il miracolo di una vita (Luciano Regolo)