Il Purgatorio

Capitolo 2-23: Motivi di aiutare le anime: obbligo non solo di carità, ma ancora di giustizia

05/03/2017    1612     Il dogma del Purgatorio    Elemosina 
La carità verso i defunti non è puramente facoltativa e di consiglio: è di precetto, non meno della limosina da farsi ai poveri. Come esiste un obbligo generale di carità per la limosina corporale, così, ed a più forte ragione, siamo per la legge generale della carità obbligati ad assistere i nostri fratelli sofferenti del Purgatorio.

A questo dovere di carità bene spesso si unisce una obbligazione di stretta giustizia. Quando un moribondo esprime le sue ultime volontà in materia d'opera pia; quando ai suoi eredi dà l'incarico di far celebrare tante messe, di distribuire tanta limosina, per qualsiasi opera buona: gli eredi sono per istretta giustizia obbligati, dal momento che accettano la successione d'adempirne senza dilazione lutti i pesi.

Questo dovere di giustizia è tanto più sacro, dacché spesso i legati non sono che palliate restituzioni.

Ora cosa ci dice la giornaliera esperienza? Si ha premura di adempire con zelo e religiosa cura a tutti i pii obblighi che riguardano l'anima del defunto? Ohimè! il contrario è un fatto che tutto dì avviene sotto i nostri occhi: una famiglia che va al possesso d'una fortuna, talvolta considerevole, sofisticherà, cavillerà al povero defunto i suffragi che si era riservati, e se vi si prestano le sottigliezze della legge civile, non si avrà vergogna di far annullare il testamento sotto pretesto d'artifizio. Non è per niente che l'autore dell'Imitazione ci avverte di compiere in vita opere soddisfattorie e di Don far troppo calcolo sugli eredi!

Ebbene, ecco, e lo sanno le famiglie, ecco una sacrilega ingiustizia unita ad una abominevole crudeltà! Rubare ad un povero, dice il IV Concilio di Cartagine, è un farsi suo assassino: Egentium necatores. Che dire di quelli che spogliano i defunti, e senza soccorso li lasciano fra i terribili tormenti del Purgatorio?

Quindi, coloro che si rendono rei di questo infame furto, fin da questa vita bene spesso sono puniti da Dio, ed in un modo severissimo. Si fanno talvolta le meraviglie al veder fra le mani di avidi eredi liquefarsi considerevoli fortune, una specie di maledizione sembra piombare sopra certe eredità. Nel giorno del giudizio si vedrà che la causa di queste rovine è stata bene spesso l'avarizia e l'ingiustizia di eredi che non soddisfecero ai pii legati dei quali era gravata la loro successione.

Avvenne a Milano, dice il Padre Rossignoli, che una magnifica proprietà, poco distante dalla città, fu tutta devastata dalla gragnola, mentre i campi vicini erano rimasti interamente intatti. Questo fenomeno eccitò l'attenzione e lo stupore: si ricordava il flagello d'Egitto, quella grandine che distrusse i campi degli Egiziani, e rispettò la terra di Gessen abitata dai figli d'Israele. Non si sapeva come spiegare questo mistero, quando la comparsa di un'anima del purgatorio fece conoscere che era un castigo dato ai figli ingrati e colpevoli, che non avevano eseguito l'ultima volontà del loro padre riguardo ad opere pie.

Si sa che in tutti i paesi, in tutti i luoghi si parla di case rese inabitabili da misteriose comparse con grave danno dei loro proprietari: ora quando si va al fondo delle cose, generalmente si trova un'anima dimenticata dai suoi, e che domanda la soddisfazione, dei suffragi a lei dovuti. Non siamo creduli, e diamo pure larga parte all'immaginazione, alla illusione, alla stessa malizia umana: ma rimarranno sempre fatti perfettamente provati, per insegnare agli eredi senza viscere come Dio punisce, anche in questa vita, un operare tanto ingiusto e sacrilego.

Il fatto seguente, tolto a Tommaso di Cantimprè lo prova ad evidenza. Durante le guerre di Carlomagno, un valoroso soldato aveva servito molti anni in onorifiche ed importanti cariche. La sua vita era stata quella di un cristiano, ed il tumulto degli eserciti, delle battaglie non gli aveva fatto dimenticare alcun suo dovere essenziale. Tuttavia aveva commesso una quantità di piccoli falli, comuni alla gente di sua professione. Giunto ad un'età molto avanzata, si ammalò, e vedendo avvicinarsi la morte. chiamò al suo letto un nipote orfano di cui s'era fatto padre e gli espresse l'ultima sua volontà. «Figlio mio, gli disse, sai che io non ho ricchezze da lasciarti: non ho che le mie armi ed il mio cavallo. Le mie armi saranno per te. Quanto al cavallo, quando avrò reso l'anima a Dio, lo venderai e ne dividerai il prezzo tra i poveri ed i preti, affinché questi per me offrano il divin Sacrifizio, e quelli mi soccorrano colle loro preghiere».

Il nipote piangendo, promise di eseguire tutto ciò puntualmente e senza ritardo. Quasi subito dopo morì il vecchio, e l'erede prese le armi e condusse via il cavallo. Era un animale bellissimo e di molto valore. Invece di venderlo subito, secondo l'ultima volontà del defunto, cominciò a servirsene per alcuni piccoli viaggi. Dilazionò sotto il doppio pretesto che non era incalzato ad eseguire tanto prontamente la sua promessa, e che poteva aspettare una buona occasione per averne forse un prezzo migliore. Ma finì col dimenticare il sacro obbligo che aveva da compiere.

Erano scorsi sei mesi, quando un mattino gli apparve il defunto e gli rivolse questi severi rimproveri: «Infelice! hai dimenticato l'anima del tuo zio; hai violato il sacro impegno che ti assumesti al mio letto di morte. Ove sono le sante messe che dovevi far offrire, ove le limosine che dovevi distribuire ai poveri per l'anima mia? Per la tua colpevole negligenza, ho sofferto nel Purgatorio inauditi tormenti. Finalmente Dio ebbe di me pietà: oggi stesso entro nella felicità dei Santi.

«Ma tu per un giusto giudizio di Dio, morrai entro pochi giorni, ed in mia vece sosterrai le pene che mi sarebbero rimaste da scontare, se Dio a mio riguardo non mi avesse usato indulgenza. Tu soffrirai per tutto il tempo di cui Dio mi fa grazia, dopo comincerai le espiazioni dovute ai tuoi falli».

Alcuni giorni dopo il nipote s'infermò gravemente. Tosto chiamò un prete, raccontò la sua visione, si confessò con molte lagrime e spirò con sentimenti di sincero pentimento.

Fonte: www.preghiereagesuemaria.it