Il Purgatorio

Il Purgatorio nella rivelazione dei santi - Capitolo I: « NOVISSIMA TUA!... »

Sorella Morte

Eccoci al letto di un cristiano morente: la Chiesa gli ha già impartito l'ultima benedizione; per l'ultima volta ha sentito riposar sul suo cuore il Cuore santissimo di Gesù nel Sacramento dell'amore. Quel Dio che si era fatto amico di lui - e di quale amicizia! - fin da quando con la prima Comunione era disceso nel suo petto, sapendolo infermo ha lasciato il suo tabernacolo pervenire a visitarlo, e fra le mani del suo ministro ha percorso, inosservato le vie della città, ovvero, seguito da pochi fedeli, gli aspri sentieri della campagna; ha fatto il suo ingresso in quella stanza funerea, trasformata per un momento in santuario, si è posato su quelle labbra che il soffio della morte agghiaccerà fra brevi istanti, ed in un mistico ed intenso colloquio con la sua anima gli ha lasciato intravedere i misteri della vita avvenire e gli splendori della eternità beata. Indi l'estrema Unzione, come ad atleta che debba prepararsi alla pugna.

Intorno a quel letto i parenti mormorano a bassa voce parole e preghiere e se ne allontanano solo per dare sfogo alle lacrime. L'orecchio del morente è già stato ripercosso dal formidabile appello: - Parti adunque, o anima cristiana!... - Ed ecco all'improvviso un movimento convulso scorrere per quel corpo irrigidito, ed un singhìozzo soffocato por fine al rantolo dell'agonia: esso ha esalato l'estremo sospiro morto.

Si sollevano allora da ogni parte i gemiti e i lamenti della famiglia, che si appressa a colui che or non è altro che un cadavere; gli vengono chiusi quegli occhi che non si apriranno mai più fino al giorno dell'universale giudizio; gli vengono conserte le mani in attitudine di preghiera, e molte volte, per nascondere ai viventi l'orrore della morte, vien posto un velo su quel volto sfigurato; quindi gli amici e i vicini si allontanano tessendo l'elogio del defunto. Finalmente tutto piomba nel silenzio.

Questo è l'aspetto esteriore del gran dramma della morte, che per quanto ci possa sgomentare, non è davvero il più importante. Noi abbiamo considerato il defunto disteso sul letto funebre con le mani congiunte, col Crocifisso sul petto, nell'attitudine così ben descritta da Lamartine, in quei suoi mirabili versi.

Dai sacri ceri ormai l'ultima fiamma guizzava, e il prete mormorava il canto sì dolce della morte, a lamentevole nenia simile, che la donna mormora al pargolo assopito. Di speranze la sua fronte le tracce serba ancora, e sul suo volto di beltà soave un raggio spira; il labile dolore la sua grazia v'impresse, e la severa sua maestate vi scolpì la morte.

Il Giudizio

Tutto questo per ciò che riguarda il corpo. Domandiamoci adesso che cosa è accaduto dell'anima immortale ed incorruttibile, che poco fa l'informava. E’ questa e la questione veramente interessante per noi in questo studio del Purgatorio.

La Fede c'insegna che l'anima nell'istante medesimo in cui si è svincolata dal corpo è comparsa davanti al suo Giudice, e tutte le rivelazioni dei Santi ci confermano la verità del giudizio particolare, immediato e inappellabile. E siccome su tale argomento ci si presentano rnolte importanti questioni, cerchiamo qui di studiarle e risolverle per ordine. Ciò che sopra ogni altra cosa attrarrà l'attenzione, e farà fissare lo sguardo dell'anima, quel primo sguardo misuratore dell'eternità, sarà la persona del Giudice. Dalla Sacra Scrittura apprendiamo che questo Giudice non sarà altro che Cristo. S. Giovanni ci dice che il Padre non giudicherà nessuno, avendo riservato al Figlio ogni giudizio: Pater non iudicat quemquam, omne iudicium dedit Filio (Jo., 5, 22-23). Negli Atti degli Apostoli leggiamo che Cristo è stato costituito da Dio giudice dei vivi e dei morti: Constitutus est a Deo iudex vivorum et mortuorum (Act., 10,, 42). Ermete nel suo libro De Pastore, S. Gregorio Magno: nei suoi scritti, come pure S. Giovanni Damasceno, S. Giovanni Climaco, e in tempi a noi più vicini S. Geltrude, S. Lutgarda, S. Francesca Romana, S. Teresa e tutte le anime sante, alle quali Iddio ha fatto la grazia di contemplare i misteri dell'altra vita, ci confermano con le loro rivelazioni questa verità di fede.

I teologi fanno questione se l'umanità di Cristo si manifesti visibilmente ad ogni anima, e su questo punto sono molto discordi. Il Card. Bona, nel suo, trattato De discretione spirituum, si esprime così “Alla fine del mondo comparirà Gesù Cristo nel suo corpo e nella sua gloria, quando verrà a giudicare i vivi e i morti; non è certo però se egli apparirà a ciascun uomo in forma visibile, come taluni scrissero: Non è neppure accertato in qual maniera nostro Signore compirà questo giudizio particolare di ciascun uomo; questo solo si sa che avverrà in un momento, in un batter d'occhio. Ed è perciò che un'apparizione, dirò così, intellettuale di questo Giudice sovrano basterà a compiere tale giudizio” (Op. cit., cap. 20).

- Da ciò risulta che il sapiente Cardinale esita di pronunziarsi, quantunque evidentemente propenda per la sentenza negativa. Non mancano tuttavia teologi di merito i quali ritengono che il divin Maestro si sveli a ciascuno nella verità della sua carne trasfigurata e gloriosa, ed avvalorano la loro opinione con ragioni molto plausibili. Tuttavia qualunque sia il modo col quale il divin Salvatore si rivela all'anima, è certo. che nel momento stesso in cui gli occhi del corpo, si chiudono alla luce di quaggiù, lo sguardo dell'anima s'illumina ed intuisce e contempla l'adorabile figura di Cristo, suo Giudice.

Tutto questo ci porta a domandare dove si faccia il giudizio. La risposta è facile: il giudizio si farà in quel luogo medesimo in cui l'anima si separa dal corpo. Che bisogno infatti avrebbe questa di andare lungi di là, a cercare il tribunale che la dovrà giudicare? La terra è del Signore, dice la Scrittura; ed egli riempie il mondo con la sua presenza. Ciò che a noi impedisce di vederlo, limitati come siamo, sono le mura di questa prigione di carne, che ci circonda, ma nell'ora della morte il velo che ci nascondeva le invisibili realtà si squarcia, e l'anima si trova allora immediatamente sotto lo sguardo del Giudice: Quale istante e quale sgomento sarà mai quello! Avrà luogo allora quel tremendo giudizio, il cui solo pensiero faceva tremare gli anacoreti nelle spelonche dei deserti. Allora l'anima con un solo sguardo abbraccerà tutti e singoli i suoi atti, con tutte le circostanze che li accompagnarono, dovendo rendere stretto conto di tutto, persino di una parola inutile, sia pure obliata. Chi potrebbe credere a tanta rigorosa esattezza, se la stessa eterna Verità non ce lo avesse avvertito? Omne verbum otiosum quod locati fuerint homines, reddent de eo rationem in aie iudicii (Matth., 12, 36).

E in qual modo potrà l'anima abbracciar con un solo sguardo il complesso degli atti di tutta quanta la vita? Essa li vedrà nella intelligenza infinita di Dio, al raggio di quel sole di verità, che tutti glie li rischiarerà e che non glie ne lascierà sfuggire alcuno. Al lume di quella luce divina leggerà quel libro, dove tutto è notato, e che le sarà posto sotto lo sguardo. Liber scriptus proferetur In quo totum continetur Unde mundus iudicetur.

Vi riscontrerà ciascuna delle sue azioni, con tutte le circostanze da cui furono accompagnate, e ne modificarono più o meno la moralità.

Il Giudice chiederà stretto conto di tutto: Redde: rationem villicationis tuae, iam enim non poteris villicare (Luc., 16-2). Il tempo del merito e del demerito è passato, la prova è finita, irrevocabilmente finita. - Redde rationem Rendete conto di tutti i vostri peccati: io ero là presente quando voi li commettevate; io tutto vidi, poichè nulla mi si poteva celare i peccati contro Dio, i peccati contro il prossimo, i peccati contro voi stessi, i peccati contro i doveri del vostro stato, contro i vostri obblighi particolari... – Oh! qual cumulo immenso di peccati, dal primo che commettemmo quando incominciò a rischiararsi il lume della ragione, fino all'ultimo che commetteremo forse anche sul nostro letto di morte, nel momento di comparire alla presenza del divin Giudice! S. Agostino, nelle sue immortali Confessioni, si accusa di colpe che dice di aver commesso in tenerissima età. Tantillus puer et tantus peccator! E perchè non dovrà esclamarsi col Profeta, che il numero delle nostre iniquità sorpassa di molto quello dei capelli del nostro capo? iniquitates meae multiplicatae sunt super capillos capitis mei (Ps., 37, 4) - Redde rationem. Rendete conto del bene che avreste dovuto fare e che non avete fatto. - Un sacerdote trovavasi sul letto di morte, e il suo confessore cercava invano di eccitarlo alla confidenza in Dio, parlandogli del bene che aveva fatto durante la vita, e delle anime che si era studiato di salvare. – Ahimè! - gridava il morente, con voce accorata - perché non mi parlate del bene che io avrei dovuto fare, che potevo fare, e che non ho fatto? - Sì, al tribunale di Dio, contrariamente a quel che avviene qui in terra, al reo si chiede conto anche di quel che non ha fatto di bene, e che pure avrebbe dovuto fare. Iddio porrà da un lato tutte le grazie concesse all'anima: il battesimo, l'istruzione cristiana, le confessioni, le comunioni, i buoni pensieri, gli ammonimenti, tanta facilità di compiere il bene; e porrà dall'altro lato le nostre opere, e guai allora a colui le cui opere non corrisponderanno alle grazie ricevute, poichè molto sarà domandato a chi molto fu dato.

Ci sarà chiesto conto perfino del bene che abbiamo fatto, ma che non abbiamo fatto così bene come avremmo dovuto. - Vediamo un po' queste pretese virtù, delle quali andavate tanto superbo durante la vita. Oh! quanta lega è mescolata a quest'oro! - I farisei facevano opere buone, ma siccome agivano unicamente per piacere agli uomini e per acquistarsi fama di virtuosi, il Signore disse di loro: Receperunt mercedem suam... (Matth., 6, 2): hanno ricevuto la loro mercede. Quanti atti virtuosi nel loro oggetto, saranno parimenti degni di disprezzo innanzi a Dio, perché compiuti in circostanze cattive, con tiepidezza o per mera abitudine, o perchè fatti di contrattempo, o alla sfuggita, o accompagnati da pensieri di vana compiacenza.

Eppure ancora non è detto tutto. Che sono infatti quelle voci che salgono dall'abisso? Son le voci di coloro che furono un giorno scandalizzati; sono le grida del sangue. - Giustizia e vendetta - gridano i dannati dal fondo dell'inferno - giustizia e vendetta contro quel padre e quella madre, la cui negligenza ci ha lasciato crescere nel vizio e ci ha fatto piombare quaggiù; giustizia e vendetta contro quell'amico, che ci ha messo a parte dei suoi colpevoli piaceri e che perciò deve partecipare ai nostri supplizi; giustizia e, vendetta contro quel miserabile, i cui empi discorsi ci impedirono di convertirci e di salvarci; ah! per sua colpa siamo dannati alle pene di questo carcere perpetuo: e dovrà egli forse salite al cielo, mentre noi bruciamo quaggiù nelle fiamme eterne? - Ahimè! che risponderà allora quella povera anima a tali formidabili accuse? E non ne avrà ella abbastanza del pesante fardello delle sue colpe, perchè debba caricarsi di quelle degli altri? Ecco delineato il giudizio di Dio, tal quale avverrà per ciascuno di noi; ed è questo che fece provare ai Santi angoscie estreme e praticar loro le più rigide penitenze; le storie delle loro vite ridondano di rivelazioni sul rigore dei giudizi di Dio.

Si legge nelle vite dei santi Padri che un religioso, per nome Stefano, venne trasportato in ispirito al tribunale di Dio. Era egli ridotto in agonia sul suo letto di morte, quando eccolo turbarsi improvvisamente e rispondere ad un interlocutore invisibile. I suoi fratelli di religione, che circondavano il letto, ascoltavano con terrore queste sue risposte: - Vedi, è vero, tale azione, ma mi imposi poi tanti anni di digiuno. - Io - non nego quel tal fatto, ma l'ho pianto per tanti anni. Ancor questo è vero, ma in espiazione ho servito il mio prossimo, per tre anni continui. - Indi, dopo, un momento di silenzio, esclamò: Ah! su questo non ho nulla a rispondere; voi giustamente mi accusate, e non ho altro per mia difesa che raccomandarmi, alla misericordia infinita di Dio. - S. Giovanni Climaco, che riferisce questo fatto, di cui fu testimone oculare ci fa sapere che questo religioso aveva vissuto quarant'anni nel suo monastero, aveva il dono delle lingue e molti altri privilegi, avanzava di gran lunga gli altri monaci per la esemplarità della sua vita e pei rigori delle sue penitenze; e conchiude con queste parole: Me infelice! che cosa mai diverrò, e qual cosa potrò sperare io sì meschino, se il figlio del deserto e della penitenza trovasi privo di difesa dinanzi a poche colpe leggere? Egli che ha passato una lunga serie di anni fra le austerità e la solitudine, egli arricchito da Dio di privilegi e di doni straordinari, abbandona questa vita lasciandoci nella incertezza della sua eterna salute!... Ma forse, dirà qualcuno per confortarsi, non si sarà trattato in questo caso che di una visione intellettuale, e i terrori di quel buon monaco sul giudizío di Dio si potrebbero ritenere come effetto della sua immaginazione riscaldata dalaa febbre. Ad ovviare a questa difficoltà riferirò la storia della venerabile Angela Tolomei, religiosa domenicana e sorella del beato Giovanni Battista Tolomei.

Era ella cresciuta di giorno in giorno in virtù, e per la sua fedeltà nel corrispondere alla grazia divina era giunta ad un alto grado di perfezione, quando si ammalò gravemente. Il suo fratello, ricco egli pure di meriti innanzi a Dio, non poté con tutte le sue fervorose preghiere ottenerne la guarigione; ricevette ella perciò, con commovente pietà, gli ultimi Sacramenti, e poco prima di spirare ebbe una visione, nella quale osservò il posto che le era riservato in Purgatorio, in punizione di alcuni difetti che non erasi abbastanza studiata di correggere durante la vita; in pari tempo le furono manifestati i diversi tormenti che le anime soffrono laggiù; quindi spirò raccomandandosi alle preghiere del suo santo fratello. Mentre il cadavere veniva trasportato alla sepoltura, il beato Giovanni Battista, appressandosi al feretro, ordinò alla sorella di alzarsi, ed ella, quasi risvegliandosi da un sonno profondo, ritornò con strepitoso miracolo in vita. Nel tempo che proseguì a vivere sulla terra, quell'anima santa raccontava sul giudizio di Dio tali cose da far fremere di terrore, ma ciò che più di tutto confermò la verità delle sue parole fu la vita che menò, poìchè spaventevoli erano le sue penitenze, avendo perfino inventato nuovi segreti, oltre alle comuni penitenze, per martoriare il suo corpo. Leggiamo che durante l'inverno era solita tuffarsi fino al collo in uno stagno gelato, ove rimaneva per lungo tempo recitando il salterio; talvolta bruciava di proposito le sue povere carni, finché il suo corpo diveniva oggetto di orrore e di pietà. E poichè di ciò veniva talvolta ripresa e biasimata, avida com'era di umiliazioni e di contrarietà, non se la prendeva affatto, ed a coloro che la rimproveravano, rispondeva: - Oh! se conosceste il rigore dei giudizi di Dio, non parlereste così! E che è mai quel che io faccio in confronto dei tormenti riservati nell'altra vita alle infedeltà che qui in terra osiamo commettere verso il nostro Creatore? Che è mai, che è mai ciò che io faccio, mentre dovrei fare cento volte di più? - Dopo alcuni anni di così orribili penitenze, la serva di Dio fu chiamata dal celeste Sposo all'altra vita, vivo lasciando tra le sue consorelle il ricordo di sè, delle sue parole e delle sue penitenze.

Ciò che è da osservare in questa storia è che non si tratta di un peccatore che muore in disgrazia di Dio, ma di una fervente religiosa, tutta dedita ai doveri del suo stato, e che per alcune imperfezioni di nessuna gravità secondo il giudizio degli uomini, subì i rigori del giudizio di Dio. Ahimè! se i giusti sono trattati in tal guisa, che cosa accadrà di noi peccatori? Sono dunque tremendi i giudizi divini! E pensare che ad ogni battito del nostro cuore si rinnova la grande scena: anime ed anime si presentano al trono di Sua Divina Maestà per essere giudicate! Se pensassimo a ciò saremmo presi da immensa compassione, e pregheremmo con fervore per tanti infelici che stanno per comparire davanti al loro Giudice.. Ma purtroppo. non vi pensiamo e continuiamo a vivere come se tanti nostri fratelli non ci chiedessero il soccorso delle nostre preghiere. Un giorno saremo anche noi sul letto della nostra agonia e allora sarà spesa per noi la medesima moneta che noi spendemmo per gli altri, saremo pagati con la medesima indifferenza. Adottiamo la santa abitudine di pregare per gli agonizzanti, affinchè un giorno vi sia chi preghi per noi in quell'ora tremenda nella quale tanto ne avremo bisogno.

La difesa

A questo punto sorge spontanea la domanda se nell'ora del giudizio l'anima si trovi sola davanti al suo Giudice, ovvero gli spiriti celesti siano presenti a quell'atto. Non v'è dubbio che l'Angelo custode accompagni ed assista l'anima, sulla quale vegliò durante la vita, come non è escluso che anche il demonio si trovi presente a quell'atto. Nelle rivelazioni di Santa Brigida si legge di un soldato pio e caritatevole, ma tuttavia non immune da colpe. L'anima di costui comparve, dopo morto, al tribunale di Dio: era alla sua destra l'Angelo custode in qualità di avvocato, ed alla sinistra il demonio accusatore. Grazie alla devozione avuta per la Vergine, il soldato era morto in grazia di Dio, e a nulla valsero le accuse del maligno (Santa Brigida; Riv., libro Vi, cap. 35).

Una celebre visione, scolpita sulla tomba di S. Dionigi in Francia, ci mostra il re Dagoberto condotto dai demoni all'inferno e strappato dagli artigli dei medesimi dai Santi Martiri Dionisio e Maurizio, coadiuvati dal glorioso pontefice San Martino. Verso codesti Santi Dagoberto aveva avuto infatti una particolare devozione ed in loro onore aveva costruito sontuose basiliche.

Quanto all'intervento della Vergine, molte sono le rivelazioni avute dai Santi, e qui basterà riferire quanto racconta Sant'Alfonso de' Liguori nella Parafrasi della Salve Regina. Una santa religiosa, per nome Suor Caterina e S. Agostino, aveva la bella abitudine dì pregare per tutti i defunti da lei conosciuti su questa terra. Or nel suo paese viveva una donna di cattivi costumi, per nome Maria, i cui scandali erano tali che gli abitanti del vicinato, indignati dalla sua condotta, la cacciarono dal paese. Ella si diede allora alla vita dei boschi, e dopo qualche mese morì senza assistenza e senza sacramenti. Il suo corpo fu trattato come quello di una bestia e sepolto in un campo, senza una preghiera. Nessuno dubitava che quella vecchia peccatrice, dopo una simile fine, fosse immediatamente perduta, e per conseguenza nessuno pregava per lei, neppure Suor Caterina. Passarono così quattro anni, alla fine dei quali la pia religiosa vide un giorno un'anima del Purgatorio, che gemendo le disse: - Quanto sono infelice, Suor Caterina! Voi che avete il pio costume di raccomandare al Signore tutti i conoscenti trapassati, per me sola non pregate. - E chi siete? - domandò la suora. - Io sono la povera Maria, che morì abbandonata nella grotta. – Come, voi siete salva? - Si, io sono salva per intercessione della Vergine, allorchè mi vidi presso a morire, sola e senza aiuti, considerando il numero e l'enormità dei miei peccati, mi rivolsi con fiducia alla Madre dì Dio, dicendole: O mia Regina, voi che siete il rifugio dei peccatori e dei derelitti, vedete in questo momento il mio supremo abbandono e venite in mio aiuto; voi siete l'unica mia speranza, voi sola potete soccorrermi. La Vergine santissima esaudì le mie preghiere e mi ottenne la grazia di una perfetta contrizione, sicchè morendo fui salva. Ma la divina Madre non limitò a questo le sue misericordie, poichè quando fui al divino giudizio, mi ottenne dal suo Figlio divino che il mio purgatorio fosse notevolmente abbreviato, e siccome la giustizia di Dio non può nulla cedere al suoi diritti, così volle che soffrissi in intensità quel che avrei dovuto soffrire di più in durata. In questo momento non ho più bisogno che di qualche Messa, e appena queste saranno celebrate, io verrò liberata dalle mie pene. Siate dunque pietosa verso di me facendornele applicare, ed io vi prometto che quando sarò in cielo non cesserò di pregare Iddio e la Vergine Santa per voi. - Suor Caterina si affrettò a far celebrare le Messe implorate da quell'anima, e pochi giorni dopo la vide salire al cielo e ringraziarla della sua carità. Questi esempi da noi riportati sono, è vero; convincenti, ma posti a riscontro con gli insegnamenti della teologia non si può fare a meno di sentirsi scemare quella fiducia, che sembrerebbe dovessero ispirare. È certo che la sorte eterna dell'uomo è irrevocabilmente fissata nel punto della sua morte, e chi credesse che le preghiere dei vivi e l'intercessione della Vergine e dei Santi possano ottenere la salvezza a colui che muore in peccato mortale, s'ingannerebbe. Bisogna perciò interpretare le visioni or ora riferite e quelle dello stesso genere, come una espressione simbolica delle grazie ottenute per intercessione dei Santi al peccatore moribondo per condurlo alla penitenza e alla salute.

La sentenza

Non bisogna poi figurarsi questo giudizio come se si svolgesse gradatamente, in un ordine successivo, come nei tribunali di questa terra. La imperfezione della intelligenza umana non può arrivare che passo passo e per una serie di investigazioni alla conoscenza della verità, ma alla luce divina le cose vanno ben diversamente. « Un batter d'occhio »: In ictu oculi e la causa sarà bell'ascoltata. Non vi sarà bisogno di testimoni; perchè il giudice stesso era presente allorché furono commesse le colpe; non vi sarà bisogno dell'interrogatorio, poichè un solo sguardo basterà all'anima per rivedere tutte e singole le azioni della sua vita, tutte le sue colpe e tutti i suoi meriti, tutto ciò che servirà a condannarla e ciò che varrà ad assolverla; non vi sarà bisogno di difesa: sarebbe inutile ogni tentativo per commuovere la persona del Giudice. La sentenza sarà in relazione dello stato dell'anima giudicata: Iddio non si lascia commuovere come gli uomini, egli agisce in base alla sua infinita giustizia ed ai suoi eterni decreti, e come ad una data misura di meriti sarà attribuito un dato grado di gloria, così ad una data misura di colpe sarà assegnato un grado corrispondente di castigo, sicchè l'anima nel momento stesso che conoscerà il suo stato, conoscerà pure la sua sentenza.

Questa sentenza sarà differente secondo i vari stati in cui si troveranno le anime in punto di morte: Per colui che muore in peccato mortale, Iddio pronunzierà la sentenza dei reprobi: - Va, maledetto, nel fuoco eterno preparato per satana e per gli angeli ribelli. Tu preferisti obbedire a lui sulla terra, va dunque, miserabile, a partecipare dei suoi supplizi nell'inferno. - Mentre a colui che muore nello stato di grazia, e che non ha da subire alcuna espiazione per i falli passati, sarà riservata la parola dell'amore e della beatitudine: - Coraggio - gli dirà il Signore, coraggio, servo buono e fedele, fosti fedele nel poco, ed ora ti pongo in possesso di un bene molto più grande: vieni a gustare la gloria del tuo Signore. - Finalmente coloro che morendo bensì nello stato di grazia, hanno ancora macchie di peccati veniali, o non hanno espiato abbastanza le colpe passate, con le parole dell'amore udiranno che l'ingresso al Paradiso è differito: - Povera anima; dirà il Signore, un giorno tu godrai della mia gloria, poichè sei cara al mio cuore; ma siccome non sei ancora perfettamente pura, va a purificarti nel fuoco espiatore; la durata dei tuoi patimenti sarà proporzionata al numero e alla gravità dei tuoi falli. -

Il numero degli eletti

A questo punto è necessario trattare brevemente in merito alla questione del numero degli eletti, questione grave e interessante, che tanto da vicino ci tocca, che fu sempre discussa e sempre rimase insoluta. « E' una questione, scrive il Faber (Il Creatore e la creatura, Parte III, cap. II), ché è un segreto di Dio, un segreto del supremo Giudice, un segreto che l'Altissimo ha riservato tutto a se stesso, ma nella quale egli permette che ci addentriamo solo nella speranza di trovare qualche nuova traccia dello sconfinato amore di Dio ». Dopo tutte le nostre supposizioni, le nostre congetture, le nostre induzioni, la verità sarà sempre, come prima, nascosta in Dio.

Numerosi teologi di grande autorità sono del parere che il numero dei reprobi superi quello degli eletti; altri teologi, pure di indiscussa autorità, ritengono il contrario. Cornelio a Lapide riferisce che la maggior parte dei teologi che vivevano a Roma ai suoi tempi, riguardando al rilassamento generale dei costumi nella loro epoca, sostenevano l'opinione più severa. Mentre i teologi più recenti pare che propendano per l'interpretazione più benigna. Gli argomenti addotti sono solidi da ambo le parti, afferma il Billuard (De Cert. praed., disp. IX, art..7). Le prove della Sacra Scrittura assicurano il trionfo completo e nella forma più esplicita della opinione più benigna. E i rigoristi, a dire il vero, par che sudino abbastanza nel tentare di ritorcere queste prove in loro favore (Faber, Op. cit.). A proposito delle parabole evangeliche addotte come prova da ambo le parti, il Bergier si esprime in questo modo: «Se le parabole del Vangelo si possono addurre come prove, noi dovremmo concludere che è la maggioranza e non la minoranza che si salva. Gesù Cristo paragona la separazione dei buoni dai cattivi; nel giudizio finale, alla separazione del buon grano dalla zizzania; ora in un campo ben coltivato la zizzania non è' mai più abbondante del grano. La paragona ancora alla scelta tra i pesci buoni e i pesci cattivi; ora qual mai pescatore fu mai tanto disgraziato da pescare più pesci cattivi che pesci buoni? Delle dieci vergini invitate alle nozze, cinque sono ammesse alla festa insieme allo Sposo. Nella parabola dei talenti, due servi sono premiati, uno solo è punito; in quella del festino, di tutti gli invitati uno solo è scacciato » (Bergier, Traíté de la vraie Religion; t. x, pag. 356).

Coloro che sostengono l'opinione più severa sembra che si lascino sopraffare dalla considerazione del male nel mondo e della giustizia divina nei suoi confronti, senza riflettere abbastanza:
a) che gli uomini furono creati per un piano di sconfinata misericordia e di sapienza divina, il quale sembrerebbe destinato a fallire, qualora il numero degli eletti non superasse quello dei reprobi;
b) che per dare nuovo assetto ai disegni di Dio, sconvolti dal peccato, Iddio stesso non solo si è fatto uomo, ma ha lavato il mondo col suo Sangue prezioso, ed è morto aprendo le braccia sulla croce e implorando il perdono del Padre perfino sui suoi crocifissori ;
c) che fiumi di grazie si riversano continuamente sugli uomini, dopo il sacrificio del Calvario, in tutte le epoche della loro vita, in tutti i luoghi;
d) che insieme a tanto male, che del resto colpisce la nostra fantasia assai più del bene, c'è tra gli uomini molto bene; ci si fermi a considerare anche soltanto il bene fatto in seno alla Chiesa, ove per la comunione dei Santi le opere buone tornano a vantaggio di tutti.;
e) che gli uomini, se hanno un inferno che li attende nella vita futura, qualora se ne rendano meritevoli, hanno altresì la loro fornace di fuoco in questa vita, ove, volenti o nolenti, pagano un tributo di espiazione alla inesorabile giustizia divina. Che tanto fuoco e tanto sangue abbiano uno scopo ristretto nel tempo, nessuno riuscirebbe mai a farcelo comprendere. Non è raro il caso in cui gli uomini fanno insieme il male e la penitenza;
f) che la responsabilità morale degli uomini più spesso che non si creda è assai limitata. Le azioni degli uomini sono spesso assai più perverse del cuore che le commette » (Faber). Fu scritto che nessuno è tanto santo e tanto perverso come la dottrina che professa. Gesú, che meglio di tutti conosceva il cuore degli uomini, dopo aver implorato il perdono di Dio sui suoi crocifissori, aggiungeva: Non enim sciunt quid faciunt (Luc., 23, 34). Non è raro il caso di rimanere sorpresi per l'ignoranza di persone che frequentano la chiesa e i sacramenti, immaginiamo ciò che deve essere di quelli che sono sempre stati lontani dalla chiesa o non hanno avvicinato i sacerdoti che in circostanze rarissime; e ciò senza loro colpa. Specialmente ai giorni nostri, questi ultimi sono moltissimi. E ammirabile lo zelo del Clero per penetrare nelle officine, nelle miniere, nei cantieri, nelle industrie, nonostante le gravi difficoltà... Un numero enorme di creature umane, senza colpa o quasi, vive completamente lontano dalla vita e dai problemi dello spirito. Noi rimaniamo impressionati, ed a ragione, ma Iddio che tutto conosce, giudica molto diversamente da noi;
g) che oltre all'Inferno c'è un Purgatorio, accesa per gli uomini dalla divina giustizia.

Confortiamoci perciò con la visione dell'Apostolo, che, trasportato dalla potenza divina nel regno degli eletti, racconta di aver veduto una infinita moltitudine di beati, di tutte le genti e tribù e popoli e lingue, stanti dinanzi al trono e all'Agnello, vestiti di bianche stole, con palme nelle loro mani, cantanti: Salute al nostro Dio che siede sul trono, e all'Agnello (Apoc, 7, 9, 10). Tuttavia la grande maggioranza di quelli che si salvano, si ferma in Purgatorio. Ciò è ammesso da tutti, dottori e mistici. Nella vita di S. Teresa leggiamo “Osserverò solo - è la Santa che parla - che di tante anime elette da me conosciute in vita, ne ho viste tre sole volare direttamente al cielo senza passare pel Purgatorio: quella del religioso di cui ho parlato nel discorso di questo libro, quella del venerabile Pietro d'Alcantara e quella del padre Domenicano rammentato più sopra (si tratta del P. Pietro Ybanez, uno dei suoi confessori). Quando si pensi al gran numero di visioni che la Santa ebbe sul Purgatorio durante la sua vita, e alla quantità di anime sante che fiorivano allora nella Chiesa di Dio, questa testimonianza della Santa ci dispensa da ogni ulteriore ricerca. Ma c'è di più: noi vediamo che gli stessi Santi canonizzati dalla Chiesa non vanno sempre esenti dalle pene del Purgatorio. Si legge nelle opere di S. Pier Damiani che San Severino, Arcivescovo di Colonia, quantunque fosse stato in vita pieno di zelo apostolico e adorno di straordinarie virtù, dovette tuttavia rimanere per qualche tempo in quel luogo di pene. La storia riferita da S. Gregorio Magno nei suoi Dialoghi (Libro IV, cap. 40) circa il santo Diacono Pascasio è davvero, stranissima, poichè dopo la morte di costui, la sua dalmatica distesa sul feretro avendo operato molti miracoli, non c'era dubbio che egli si dovesse trovare tra i beati comprensori del cielo; eppure come rivelò egli stesso a S. Germano di Capua, gli rimaneva da fare una lunga espiazione in Purgatorio.

Dopo tutto questo chi potrebbe mai lusingarsi di sfuggire a quella pena? Approfittiamo almeno delle sofferenze della vita presente offrendole a Dio in espiazione delle nostre colpe, onde voglia il Signore misericordioso abbreviare il nostro soggiorno nel carcere tremendo del Purgatorio.

Fonte: www.preghiereagesuemaria.it