Il Purgatorio

Capitolo V: I vari stadi o stazioni del Purgatorio

Secondo le rivelazioni dei Santi, e possiamo dire anche secondo la logica, il Purgatorio è diviso in vari stadi, a seconda dello stato di purificazione che l'anima deve subire, in proporzione delle colpe commesse. La scuola, per es., è come una purificazione ed una elevazione della mente, ed è per necessita divisa in varie classi, dall'asilo d'infanzia dove la mente si comincia a schiudere, alla Università dove la mente si completa, o... dovrebbe completarsi, in una data disciplina.

Santa Francesca Romana vide il Purgatorio diviso in tre parti distinte: nella regione superiore stanno le anime che soffrono la sola pena del danno, cioè della privazione della visione di Dio, o qualche pena mite e di poca durata, per renderle atte alla visione ed al godimento di Dio. Nella regione media, dove la Santa vide scritto: Purgatorio, soffrono le anime che commisero colpe leggere, o che debbono, aggiungiamo noi, liberarsi dalle pene dei peccati mortali perdonati quanto alla colpa. In fondo all'abisso, e in vicinanza dell'Inferno, vide la terza regione, ossia il Purgatorio Inferiore, tutto ripieno di un fuoco chiaro e penetrante, diverso da quello dell'Inferno che è oscuro e tenebroso. Questa terza regione la vide divisa in tre scompartimenti, dove le pene vanno gradatamente aumentando a seconda delle responsabilità delle anime e del grado di gloria e di felicità al quale debbono giungere; il primo è riservato ai secolari, il secondo ai Chierici non ordinati in sacris; il terzo ai Sacerdoti ed ai Vescovi. Deve ritenersi che questo terzo scompartimento abbia un luogo più infimo ancora, riservato ai Religiosi ed alle Religiose, che, avendo avuto maggiori mezzi di santificazione e maggiori lumi da Dio, hanno una maggiore responsabilità nelle loro colpe, e quindi un maggiore bisogno di espiazione.

Tanto i Sacerdoti che i Religiosi, chiamati alla più alta santità, debbono raggiungere un altissimo stato di gloria, ed hanno bisogno di una minuta purificazione, che rende il loro stato più doloroso. Anche per loro la purificazione non è un atto di vendicativa severità di Dio, ma è una contesa di amore. E’ un fatto che la maggior parte delle manifestazioni di anime purganti in grande pena è data proprio da anime di Sacerdoti e di Religiosi. E’ logico anche questo, com'è logico che chi deve andare ad una superiore classe di studi o di arte, deve avere una preparazione più profonda ed accurata, e, per ciò stesso, una pena più profonda e più lunga.

La pena del danno

Noi abbiamo meditato sulla pena del fuoco del Purgatorio, e parliamo degli stadi in cui questo è diviso, ma non possiamo capire né parlare delle pene che le anime hanno nel fuoco e nei vari stadi per i quali passano, non avendo nella vita terrena nessuna pena che ce ne possa dare una precisa idea. Possiamo dire però che l'intensità delle pene è proporzionata esattamente alle colpe commesse, ed è resa intensa e come dominata dalla pena del danno, cioè dalla privazione di Dio, e dal desiderio di possederlo, per l'intenso amore che le anime hanno per Lui, e per l'intensissimo amore che Dio ha per loro.

Perciò abbiamo chiamato il Purgatorio una contesa di amore. Il Signore non è severissimo con loro, è invece amorosissimo, e le purifica perché le vuole in una perfetta felicità. L'anima percepisce questo amore di Dio, e più si slancia verso di Lui: arde per amore, geme per amore, percepisce la caligine oscura nella quale si trova, perché è amata ed ama, domanda aiuto per uscire dal suo stato, perché sia abbreviato, non potendo essa abbreviarlo con i propri meriti, essendo incapace di meritare, e quest'ansia l'ha per amore.

Il gemito dell'amore dell'anima che desidera Dio, e che sente l'attrazione del divino Amore che la vuole nella felicità, costituisce la pena del danno, che è contesa di amore. Possiamo anche dire che è una pena che tempera le pene del fuoco e dei sensi. Sembra un paradosso, eppure è così, per la stessa contesa di amore, che fa riguardare dall'anima ogni pena purificatrice come un passo verso il Sommo Bene e la eterna felicità.

Una donna che deve fare... una cura di bellezza per presentarsi ad una festa regale, soffre tanti fastidi e tante pene, ma queste pene le diventano più sopportabili per il fine a cui tendono. Se un carnefice con una pinza le strappasse le sopracciglia, le mettesse tra i capelli, tirandoli con dolore, delle molle, e le ponesse sul capo un casco pesante ed infuocato, costringendola a stare immobile per ore, e se per darle una pena opprimente che le mozzasse la libertà del respiro, la stringesse nei fianchi e sul petto, e se addirittura le tagliasse i muscoli dei polpacci... la donna si dimenerebbe disperata. Ma se tutto questo le fosse fatto per darle una linea elegante, uno splendore di bellezza che le conciliasse l'ammirazione e l'amore del Re, essa soffrirebbe tutto per amore del Re, e le sue pene sarebbero temperate e sopportabili per l'amore. Così sono, in questo pallido paragone, le pene del senso per le anime purganti, specialmente quando per la purificazione subita, si avvicinano di più a Dio, e, snebbiate, ne considerano la infinita bellezza e l'infinita bontà, come in una crescente meditazione e contemplazione.

Per la stessa contesa di amore tra Dio e l'anima, possiamo dire che negli stadi più profondi del Purgatorio, dove l'anima arde nel fuoco che la purifica, le pene che mettono in evidenza le sue colpe e le sue imperfezioni rendono per lei più spasimante la pena del danno. Essa, infatti, purificata con pene proporzionate ad ogni colpa, non considera la privazione di Dio nelle ansie dell'amore, ma la considera negli spasimi del dolore delle colpe commesse, e nel rimorso terribile di essere separata dal Sommo Amore, per le più stolte e miserabili soddisfazioni della terra. E’ questo il verme dell'anima, del quale parla Gesù, che nei dannati non muore, perché è eterno, e nelle anime purganti è rimorso di amore, è maggiore apprezzamento del Signore, e perciò è maggiore ansia di amore nella percezione della bontà di Dio che l'ama e la desidera con Sé. Anche in quegli abissi profondi, che confinano quasi con l'Inferno, la pena e l'espiazione sono contesa di amore.

L'Eucaristia e la pena del danno

La pena del danno, per tutte le anime, e specialmente per le più vicine alla gloria, è immensamente temperata dall'Eucaristia, che è la presenza velata di Gesù. Per questo da tante rivelazioni sappiamo che quando si celebra la Messa per un'anima, essa non soffre o per lo meno è grandemente refrigerata, proprio per la presenza di Gesù sull'Altare. Celebrandosi la Messa per lei, e applicandola Dio all'anima penante, quando non c'è un ostacolo di giustizia che lo impedisca, l'anima ritorna quasi come pellegrina di amore sulla terra dove si celebra, si unisce alla Chiesa militante, partecipa al suo ineffabile tesoro Eucaristico, e si trova con immenso amore vicina a Gesù, adoratrice amorosissima, attraverso il velo dell'Ostia santa, di Gesù, suo amore e sua vita. Nessuna creatura della terra è adoratrice Eucaristica come un'anima purgante che partecipa ad una Messa celebrata per lei, o che si unisce per il suffragio all'adorazione della Chiesa per Gesù Sacramentato.

Ne abbiamo un esempio bellissimo in una rivelazione di S. Geltrude.

A questa Santa apparve, appena dopo morta, una Religiosa deceduta nel fiore dell'età, e nel bacio del Signore, dopo una vita passata in continua adorazione verso il SS. Sacramento. Le apparve tutta sfolgorante di luce celeste, inginocchiata davanti al Divino Maestro, che faceva partire dalle sue piaghe gloriose cinque raggi infiammati, che andavano a toccare dolcemente i cinque sensi della pia Suora. Ciononostante, sembrando la fronte di questa come offuscata da una nube di profonda tristezza, S. Geltrude, piena di meraviglia, domandò al Signore come mai, mentre Egli favoriva la sua serva in modo tanto speciale, questa sembrava che non godesse di una gioia perfetta. Gesù rispose: « Fino ad ora quest’anima fu giudicata degna di contemplare solamente la mia umanità glorificata e le mie cinque piaghe in considerazione della sua devozione verso il mistero Eucaristico, ma non può essere ammessa alla visione beatifica a cagione di alcune macchie leggerissime da lei contratte nella pratica della Regola ».

E poiché la Santa intercedeva per lei, Gesù le fece conoscere che senza numerosi suffragi, quell'anima non avrebbe potuto terminare la sua pena. La defunta medesima fece cenno a S. Geltrude di non voler essere liberata, prima di avere soddisfatto al suo debito. L'amore che aveva per Dio, le faceva desiderare di comparirgli davanti tutta pura. L'amore che in vita aveva avuto a Gesù Sacramentato, le faceva contemplare la Divina Umanità di Lui, come l'aveva contemplata velata nell'Ostia Santa.

Ecco un altro esempio che ci dimostra come la Divina Eucaristia attenua nelle anime purganti la pena del danno, e la separazione da Dio.

Il giorno di tutti i Santi una giovane di rara virtù e modestia, vide comparirle davanti l'anima di una dama di sua conoscenza, morta poco tempo prima, la quale le fece conoscere come essa soffrisse bensì la sola privazione di Dio, ma che questa privazione era per lei così intensa, che le procurava un tormento indicibile. In tale stato le si fece vedere più volte, e quasi sempre in Chiesa, poiché, non potendo contemplare Dio a faccia a faccia nel Cielo, cercava di trovare refrigerio alla sua pena, contemplandolo almeno sotto le specie Eucaristiche.

Sarebbe impossibile riferire a parole con quale slancio di adorazione, e con quale umile rispetto, rimanesse quell'anima davanti alla Sacra Ostia. Quando assisteva al divino Sacrificio, nel momento dell'elevazione il suo volto s'illuminava in tal modo, che sembrava un Serafino. La giovanetta dichiarava di non aver visto mai uno spettacolo più bello. Ogni volta che la fanciulla si comunicava, l'anima della matrona l'accompagnava alla Sacra Mensa, e rimaneva poi accanto a lei per tutto il tempo del ringraziamento, per godere della sua felicità innanzi a Gesù Sacramentato vivente in lei.

La pena del danno e l'amore di Maria SS.ma

La pena del danno è anche straordinariamente temperata nelle anime che furono devote particolarmente di Maria. Questa dolcissima Mamma le va a consolare, ed essendo Essa candore dell'Eterna luce e specchio senza macchia, mostra loro, in Lei, lo splendore riflesso della gloria di Dio. L'anima della matrona, infatti, che compariva alla giovane per partecipare alla gioia di Gesù Sacramentato, le si mostrava sempre vestita di bianco, e con un lungo Rosario in mano, in segno della sua devozione versa la Madonna, e mostrava di consolarsi anche innanzi ad una immagine di Maria SS.ma. Un giorno la pia giovane, insieme con altre amiche, dopo avere decorato piamente l'Altare della Vergine, s'inginocchiò con esse, e propose loro di baciare i piedi della statua, e d'abbracciarli due volte, una per loro, e un'altra per l'amica defunta. Dopo averlo fatto, ecco venire la dama, tutta festosa, a ringraziarla con indicibile affetto.

Per l'amore che l'anima purgante porta a Dio, purificandosi nel fuoco e nelle pene che l'accompagnano, la pena del danno riesce anche più intensa, perché si accresce la sublime contesa di amore fra l'anima e Dio. E’ logico, perché l'anima si snebbia, ed è quasi come un ferro, che a misura che si avvicina alla calamita, se ne sente più attratta, e con più impeto va verso di essa. Per l'attrazione verso Dio, le macchie che ancora rendono l'anima lontana da Lui appaiono assai più ripugnanti, e il verme della coscienza diventa in lei più rodente l’intimo dell'anima.

Tensione di amore verso Dio

Sono pene che la nostra materialità non può capire, perché il nostro amore per Dio è tanto debole e meschino. Dovremmo capire che cosa è Dio per noi, che cosa è l'amore di un'anima che è in grazia di Dio, e quindi che cosa è per l'anima il trovare in se stessa, e per propria colpa, l'ostacolo che le impedisce di andare al Signore per amarlo nell'intimità di un'eterna e felicissima unione.

Tante volte noi sentiamo dire che il sangue attira, e che perciò il bimbo si rivolge prima di tutto ai suoi genitori, perché ha il loro sangue e la loro vita. Se lo allontanate, piange, si dimena, tende le piccole braccia, finché non ritorna a loro. Nella mamma trova il suo cibo e il suo riposo, nel babbo trova il suo sostegno e il suo amoroso vezzeggiatore. Non può capire in quella età i sacrifici che il babbo fa per lui, ma capisce i regalucci che gli fa, e sente la sua bontà verso di lui. Questa tensione del bimbo verso i genitori è un primo e rudimentale apprezzamento che fa di loro, e si sente attratto a loro, pur non potendone capire il perché. Il bimbo gode la gioia della dolcezza e morbidezza materna quando succhia, e la gioia della fortezza e della sicurezza, quando sta nelle braccia del padre. Non si può dire che nel bimbo sia una manifestazione di egoismo, ma è l'esigenza di ritornare alle fonti della sua vita, per lo sviluppo della propria vita. Più il bimbo conosce i suoi genitori, più è familiare con loro, e più li ama, perché più li apprezza. Il suo apprezzamento non è né frutto di coscienza né di subcoscienza, ma è tensione naturale del sangue verso il sangue, della vita verso la fonte della sua vita.

Noi siamo creature di Dio, e siamo attirati a Lui perché ci ha creati.

Egli plasmò il primo uomo dal fango della terra. Egli soffiò su di lui l'alito amoroso della vita, Egli donò a lui la vita soprannaturale della grazia che aveva perduta. Se sulla terra siamo così miserabili da non riconoscerlo, e da concentrarci in noi e nella peggiore parte di noi, peccando, appena liberati dalla vita terrena non possiamo non slanciarci verso di Lui. Il bimbo è tratto dal sangue verso chi gli partecipò la vita, noi siamo attratti dalla medesima, infinita grandezza di Chi ci creò.

Questa grandezza amorosissima l'anima la sente in pieno per lo stato di grazia, quando si purifica nel Purgatorio, la sente come una repulsione terribile quando cade nell'Inferno. L'anima purgante tende a salire a Lui, l'anima dannata tende a fuggire da Lui, pur sentendo che è il suo ultimo fine. Nell'anima purgante la privazione di Dio è amore, nell'anima dannata è odio, e quindi la sua naturale tensione verso Dio è tormento indicibile.

La contemplazione di Dio per l’anima purgante

Noi sulla terra conosciamo Dio per la fede, e appena appena lo vediamo per quello che è, nel mistero della sua semplicissima natura, nella sua Unità e Trinità. L'anima purgante lo contempla attraverso il velo dell'amore, che è frutto dello stato di grazia; l'anima dannata lo percepisce attraverso la terribile foschia dell'odio, perché distaccata volontariamente e ostinatamente da Lui. Il fuoco e le pene del Purgatorio sono come una lente che lo avvicina, perché l'anima soffrendo per purificarsi, lo sente unica sua vita. Il fuoco e le pene dell'Inferno sono come una terribile oscurità e caligine che lo allontana. Per questo nelle rivelazioni dei Santi è detto che il fuoco del Purgatorio è luminoso e quello dell'Inferno è tenebroso.

Ed ecco qual è la contemplazione di Dio per l'anima purgante.

Per lo stato di grazia essa è congiunta a Dio, e sente mille volte più delle anime contemplatrici della terra, la sublime pace della infinita semplicità di Dio. Si trova come dinanzi ad un panorama bellissimo, del quale non scorge i confini; si trova come avvolta da una melodia soavissima, la mirabile armonia dell'Unitá e Trinità divina. Non vede Dio ma lo contempla nell'armonia della grazia per la quale vive soprannaturalmente in Lui. E’uno spettacolo dolcissimo, lontano, sì, ma che aumenta in lei l'ansia amorosa di raggiungere Dio, e per quest'ansia, che è amoroso apprezzamento divino, l'anima sente l'amore di Dio che la desidera. Anche in questo v'è una dolcissima contesa di amore, che per l'anima è pena di amore ed è purificazione di amore.

Ci spieghiamo con qualche paragone scialbo.

Un uomo è invitato ad una grande festa, dove sa di essere atteso con amore. Per sua colpa è in ritardo: si è distratto a giocare, si è perduto in cose futili, si è trattenuto a mangiare dei semi di zucca. Non ha disprezzato la festa, né ha svalutato l'attesa di chi lo ha invitato, ma s'è lasciato vincere dalla passione di un giuoco, dalla distrazione di una curiosità, da piccoli atti di gola. Ad un tratto si scuote, riconosce la propria scortesia e la propria stoltezza, si rammarica e si slancia di corsa per riparare al ritardo. Ma è una pena, perché sente i suoni lontani della festa incominciata; corre, ma la strada gli sembra interminabile; controlla l'ora dell'invito, e considera, anzi sente l'ansia affettuosa di chi lo ha invitato. Va cercando di affrettare ancora più il passo, ma il piede s'inceppa... cerca un aiuto, e si solleva immensamente quando una persona amica gli viene incontro e gli offre un passaggio in automobile.

Giunge, finalmente. Il signore che lo ha invitato lo attende con ansia e se lo vede arrivare affannato dall'ultima scala che ha salito ansimando, rammaricato della negligenza che ha avuto. L'affanno e il rammarico sono come l'ultima purificazione che lo rende gradito, e la sua corsa affannosa termina nell'abbraccio e nel bacio del signore che lo ha invitato, e nella letizia della festa. La sua negligenza è pagata dall’ultima ansia avuta proprio per la percezione lontana della splendida festa e dell'ansia amorosa di chi lo attendeva.

«Desidero che il corpo si dissolva ed essere con Cristo »

Le anime contemplative hanno provato un poco dell'ansia amorosa delle anime purganti, e ci danno un'idea del loro stato.

Non veggono Dio intuitivamente, ma ne avvertono e ne apprezzano l'amore con quelle intime ed inebrianti gioie che i mistici chiamano tocchi di Dio ed ebbrezze di amore. Si trovano come in un mare di pace, intravedono la pace eterna, hanno l'ansia di raggiungere Dio, e desiderano la morte come la liberazione da un fastidioso impaccio all'amore! Cupio dissolvi et esse cum Christo (Desidero che il corpo si dissolva, per essere io con Gesù Cristo), era il grido di S. Paolo in uno di questi beati momenti di contemplazione.

L'anima contemplativa non giunge a questi momenti di elevazione spirituale che dopo lunga purificazione, chiamata dai mistici purga attiva e passiva dello spirito, fra dolori fisici, fra dolori morali dall'esterno e dall'interno, fra penose aridità, tra momenti di abbandono, quasi, da parte di Dio, che per lei sono come il Purgatorio nei suoi primi stadi penosissimi. Purificata, si eleva a Dio contemplandone la bellezza, la grandezza, l'amore, e la stessa contemplazione, non essendo intuitiva, le dà ansie penose di amore, che si riflettono nel corpo come una purificazione del suo stesso amore.

E’ cosi che la costola di S. Filippo Neri s'incurvò; che le mani, i piedi e il costato di S. Francesco d'Assisi si squarciarono, e che i suoi occhi diventarono quasi ciechi per il pianto amoroso dell'anima sua. E’ così che il cuore di S. Teresa di Gesù fu trasverberato da un Angelo, e si vede ancora squarciato, anelando essa ad allargarlo per sostenere nel fiero dolore l'intensità dell'amore di Dio che in lei si riversava.

Lo stato spirituale di un'anima purgante

Da questo che diciamo, e che risponde ad altissima e logica verità, chi potrà considerare il Purgatorio come un atto inesorabile e quasi spietato della giustizia di Dio? E chi potrà vivere così disordinatamente e miseramente nello spirito, come noi viviamo? E chi potrà lesinare un suffragio alle anime anelanti a Dio, nell'amore?

Se il Purgatorio fosse come lo immaginano tante anime, solo un terribile tormento, dove starebbe più lo stato di grazia di un'anima trapassata, e dove l'amore infinito che Dio le porta?

Non è facile per noi mortali farci una idea dello stato spirituale di un'anima purgante, perché in lei non può considerarsi solo lo stato di pena, ma deve considerarsi lo stato di grazia, che importa la più grande e profonda amicizia di Dio e con Dio.

Abbiamo già accennato al suo stato di contemplazione, e cerchiamo ora di scrutare quello che importa questo stato d'immensa pace in uno stato di grandissime pene. Anche nel primo stadio della purificazione che è quello del fuoco, l'anima è contemplativa; ma come lo erano i Santi quando erano purificati dalle sofferenze e dalle purghe dello spirito.

Anche in questo c'è una mirabile logica. L'anima distaccata dal corpo, per quel fenomeno scientifico del riferimento al quale abbiamo accennato, sente ancora l'influsso del corpo, al quale si riferisce ancora per l'amore alla sua vita che rese terribile la morte. Si può dire che nel momento stesso della morte l'anima tende alla sua resurrezione, con l'ansia di chi vede infranto un oggetto prezioso o menomata un'opera d'arte. Per questo i morti amano essere sepolti in luogo sacro e benedetto, o vicino ai corpi dei Santi già glorificati nel Paradiso. Il luogo sacro e già come una promessa di resurrezione, secondo le parole di Gesù: Io sono la resurrezione e la vita, e le altre: Chi mangia il mio Corpo e beve il mio Sangue ha la vita eterna, ed io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Il corpo si dissolve, ma la promessa di Gesù è per l'anima una rassicurazione confortante. La vicinanza poi dei corpi del Santi glorificati, che per la loro santità sono i più segnati dalla divina promessa, è come una rassicurazione di vita, perché, per la Comunione dei Santi, i meriti di quelli che sono glorificati, coprono i demeriti dei sepolti, come un velo pietoso che nasconde i loro demeriti e suffraga le loro anime.

Nel primo stadio della purificazione, l'anima avverte ancora le conseguenze dell'impaccio di un corpo che fu strumento e causa delle sue imperfezioni, e per conseguenza lo stato di contemplazione in lei è più oscuro. Negli ultimi stadi della purificazione, l'anima è più lontana dal corpo che informò nella vita terrena, non avverte più le terribili pene dei sensi, cagionate dal fuoco, e quindi è meno concentrata in se stessa, è più spirituale, e la sua contemplazione è più limpida e soave, come quella dei Santi estatici, fuori dei sensi.

L'anima vede Dio velatamente, ed avverte tutto ciò che ne manifesta la gloria.

I Santi contemplativi, in un panorama, in un sorgere o tramontare del sole, in un campo fiorito, nell'immensità dei cieli stellati, o nella stessa fremente distesa dei mari, o nella silenziosa ed arida distesa dei deserti, o nell'altezza dei monti, o nella misteriosa profondità degli abissi, o nella dolce armonia di uno strumento musicale, sentivano la grandezza e l'amore di Dio, e si elevavano a Lui.

L'anima purgante contempla la gloria di Dio attraverso la cognizione più profonda che ha delle opere sue. La grazia in lei non rimane inattiva, per quella dolcissima contesa di amore da parte di Dio, che la desidera, e la chiama all'eterna felicità. Come un occhio infermo ha bisogno di abituarsi alla luce a poco a poco, passando dall’oscurità all'ombra, dall'ombra all'alba, dall'alba all'aurora e da questa al fulgore del sole, così l'anima passa dalle tenebre della vita terrena, nella quale molte volte giudicava male la provvidenza di Dio, all'ombra delle proprie pene, delle quali riconosce, adorando, la giustizia. Dalle pene passa a riconoscere la grandezza di Dio nelle cose terrene, e percependo l'armonia mirabile di esse, mentre in vita le vedeva molte volte come disordini sconcertanti, vive nell'ammirazione amorosa che la sospinge in alto, vive delle parole del Profeta: Hai fatto tutto con sapienza, e la terra è piena della tua provvidenza e del tuo dominio.

E’ una sorpresa di amore per l'anima che ignorò in vita i misteri della creazione, ed è una sorpresa di amorosa riparazione per l'anima che ne conobbe una misera parte attraverso le faticose ricerche della scienza umana. Oh come quest'anima si umilierà domandando il compatimento divino per la propria inettezza, e come, umiliandosi, riparerà la propria presunzione!

Dalla contemplazione della grandezza di Dio nella terra, l'anima, purificata dall'amore, passa alla contemplazione dei cieli stellati, alla contemplazione delle loro meraviglie, che ancora più la rapiscono in Dio. Non è una contemplazione fastidiosa fatta di calcoli astrusi, come può farla un astronomo, è una contemplazione sintetica, per così dire, che diventa solo un atto di amore a Dio, e di ardente desiderio della visione beatifica di Lui. Avverte allora come in una grande armonia in sordina, i canti di lode dei Cori Angelici che presiedono alle opere di Dio, come i misteriosi Cherubini di Ezechiele, che sostengono il trono della Divina gloria, le cui ruote Ezechiele vide piene di occhi di dentro e di fuori, occhi che sono sguardi di adorante ammirazione della Potenza, della Sapienza e dell'Amore di Dio Uno e Trino. L'anima sospira a Dio intensamente, ma i suoi sospiri non ancora le fanno raggiungere la meta, se una sola imperfezione la rende ancora incapace dell'eterna gloria. I suoi sospiri sono come quei razzi ardenti che l'uomo lancia verso la luna, o verso i pianeti, o verso il sole, che non raggiungono la meta e non sono capaci di mettersi in orbita, per qualche imperfezione del meccanismo dei razzi vettori che li spingono oltre l'atmosfera terrestre.

L'anima allora soffre nell'ansia di un amore che cresce e s'infiamma, e che si sente più attrarre dall'amore di Dio che la chiama, e si volge a Gesù che per lei morì sul Calvario, immergendosi nel mistero dell'Incarnazione, della Passione e della morte del Redentore, quasi assetata che cerca nella fonte della riparazione e della misericordia il suo sollievo.

Questa ricchezza di riparazione e di misericordia si rinnova ogni giorno sugli Altari, e perciò la Messa, offerta sempre anche per i defunti, è per essa il sommo dei suffragi che può ricevere, come vedremo. Con quale tenerezza l'anima rievoca i particolari della Passione di Gesù, con quale profondo rammarico se ne sente responsabile, con quale riconoscente amore li contempla, riconoscendo in ogni pena dì Gesù le proprie colpe!

Come nel corpo i microbi patogeni, che producono le malattie, sono aggrediti dai leucociti del sangue, e si rifugiano nella stazione termica, che sta nella parte centrale del cervello, provocando l'accrescimento del calore di quella stazione, e quindi la febbre nell'organismo, febbre che, più che un malanno, è l'allarme che spinge la volontà umana a scrutare il malanno che ha ed a difendersi, così, per analogia, nella luce della Passione di Gesù, che combattette e vinse i peccati di tutti con infinito amore, l'anima vede rifluire tutte le proprie imperfezioni e i propri difetti, che cercano in Lui la riparazione e la misericordia, e s'accende in lei come una febbre di amore che la umilia profondamente, e la spinge a ricercare nei suffragi la medicina divina per mutare la febbre nella gradata conquista dell'Eterna felicità in Dio.