Pagina principale | Venuti dall'aldilą.
Dinanzi al medico delle anime
Un pretino si presentò all'ambulatorio del dottor Melzi.
-
Che cosa si sente? Mi esponga il caso nei termini più brevi...
- disse il medico con piglio tutt'altro che incoraggiante.
- Ecco
di che si tratta: ho avuto molte bronchiti che mi hanno lasciato
un'asma terribile, tanto che posso appena camminare e adempiere i
doveri del mio ministero...
- Lei ha un enfisema polmonare
avanzatissimo... e di questi mali non si guarisce.
- Sono dunque
in pericolo di vita? - chiese il sacerdote con voce ferma.
- Eh,
eh, che vuol che le dica? Un enfisema polmonare fa capo sempre
all'asfissia, alla soffocazione...
- Questo può avvenire
presto? - Mi dispensi dal risponderle.
- Ho capito e la ringrazio
- disse il pretino, tornato sereno del tutto. - E perdoni se le ho
fatto perdere del tempo prezioso. Il Signore sia con lei - aggiunse
inchinandosi, dopo aver deposto sulla scrivania del medico una busta
chiusa contenente l'onorario.
Uscì con passo sicuro, quasi
solenne. Giunto appena al portone di strada, si sentì una voce
femminile che lo chiamò a più riprese:
- Reverendo,
reverendo! abbia la compiacenza di risalire.
Quando ricomparve nel
salottino del medico, questi gli mosse incontro con aspetto mutato,
quasi affabile, stendendogli la mano. Balbettò:
- Lei mi
deve tenere in conto di un villano e peggio ancora d'una canaglia...
Mi lasci dire. Non si può essere che canaglia, quando si
dicono certe cose sulla faccia d'un poveretto [...]. Lei può
credermi, non è in pericolo immediato, e può con delle
cure e dei riguardi vivere altri vent'anni...
Il dottore disse poi
che il suo disdicevole comportamento era stato un gesto vendicativo
per una lettera atroce ricevuta poco prima e che gli aveva messo la
morte nell'anima. Ma lo aveva fatto richiamare anche per avere
spiegazione sul comportamento del suo interlocutore.
- Appena
udita la mia brutale quanto erronea diagnosi, il suo volto è
cambiato, i suoi modi sono divenuti più sciolti, più
sicuri, e se n'è andato come un uomo felice, come se le
fossero stati promessi cent'anni di vita gioconda...
- Ma lei, con
le sue parole, me n'ha fatti sperare migliaia e migliaia di anni
beati; me ne ha fatti intravedere un'eternità - esclamò
sorridendo il povero prete. - Quando sono venuto da lei ero proprio
agitato, perplesso, molto preoccupato del mio signor io. Ma poco
dopo, quando lei con la sua franchezza un po' rude, ne convengo, mi
ha dato la certezza della mia prossima fine, la certezza che fra poco
mi sarei trovato al cospetto del mio Dio, del Dio che servo e adoro
da quarant'anni, una serenità, una pace che non avrei mai
osato sperare si sono impadronite di me [...].
Il medico,
prendendo la mano del suo interlocutore, disse:
- Senta, mi parli
con franchezza, dimenticando magari per cinque minuti il suo
carattere sacro: questa sicurezza è sincera? Ci crede proprio,
davvero, in Dio e in una vita futura?
- Se credo!... Io, più
che credere, vivo di questa certezza sublime...
Il medico dei
corpi si inchinò rispettoso dinanzi al medico delle anime e
non gli disse che una sola parola:
- Grazie!
Due anni dopo il
povero pretino riceveva questo biglietto dal dottor Melzi: «Sono
condannato. Una irreparabile infezione mi avvelena il sangue e non mi
lascia più che qualche giorno di vita. Sono circondato da
persone che non credono, o si vergognano di credere. Venga, venga
subito. Voglio che lei mi accompagni alla presenza di quel Dio che la
mia scienza non seppe conoscere e che mi fu rivelato dalla sua fede».
Dal Bollettino delle Suore Minime di N. S. del Suffragio, Torino, febbraio 1955.